domenica 26 ottobre 2014

Monte Penice.

Sabato mattina, quasi alla fine di ottobre, fresco. Oggi giornata di ciclismo, data l'ora, credo in solitaria. Non sono ancora le otto e sono già in direzione collina, con l'auto e la bici caricata: quando sono da solo, fare venticinque chilometri di pianura per raggiungere l'Oltrepò e altrettanti per rientrare dopo la pedalata, in bicicletta sono mortificanti, lunghissimi e faticosissimi.
Parcheggio al solito posto, scarico la bici e mi accorgo che fa freddo sul serio, l'auto segna sette gradi e un venticello da nord me li fa apprezzare tutti... sono abbigliato comunque bene benchè abbia le gambe nude... basta un po' d'olio e il freddo diventa un ricordo... Scorre la strada sotto le Michelin nuove e scorre il Torrente Versa lì alla mia sinistra con ritmo uguale e monotono... S.Maria della Versa dopo solo dieci chilometri ho una tappa obbligata al bar per un caffè, super caldo e super buono, controllo la bici e “Ma non ha freddo?” mi volto, un anziana ed elegante signora mi sorride “Oh, no!, basta muoversi!”... “ai miei tempi, dalla metà di settembre si usciva con la lana ma faceva freddo”... scambio quattro chiacchiere, la signora mi racconta di aver praticato ciclismo a livello amatoriale e da come mi racconta e spiega come fossero le bici, i cambi, gli pneumatici stessi, mi accorgo di stare a parlare con “una tosta” e non faccio fatica ad immaginarla in salita mentre “bastona” e sorpassa parecchi “atletici” maschietti come me...
Riparto, la strada è lunga, il Monte Penice mi aspetta e, appena dopo Crocetta mi appare confuso nella foschia del mattino... “Ciao Penice, arrivo” e uno schiaffo di vento, questa volta da Sud, dal Monte, appunto, mi risponde e mi sorride...
Pometo, “duecento anime e due panifici” cita un articolo di giornale appeso ad un muro... il mio panificio solito è lì, entro e ordino due panini con la coppa... non resisto, ne addento uno immediatamente e fra lo scricchiolìo sublime del pane ancora tiepido unito al magistrale sapore di una Coppa “fatta sù” magnificamente riprendo a pedalare verso il Passo del Carmine... mi bevo la salita, voltandomi noto in lontananza un collega che arranca e che mi mira come fosse un cacciatore... mi punto sui pedali e raggiungo la discesa verso Casa Marchese e la conseguente salita per il Monte... Pedalo, passo Zavattarello, raggiungo Romagnese, Panigà, Canedo... spingo un rapporto da “animale”, un 50-23, in scioltezza e senza fatica, il cuore è tranquillamente sotto soglia, respiro come stessi passeggiando, le gambe vanno come i bilanceri di un cronometro, precise e regolari...
Poco sotto Casa Matti mi passa un collega, ci salutiamo, lui sparisce dalla mia vista in poco... va forte, davvero... un passo per me neppure da sognare...
Casa Matti, incontro un Mountain-Biker, mi fermo a dissetarmi e scambio quattro chiacchiere, una persona molto educata di Bobbio, simpatica e loquace quanto serve... Ci salutiamo e riprendo l'ultima salita per il “pianoro” del Passo del Penice... Tornante, Tornante, Tornante ed eccomi ai Tre Passi... un paio di chilometri di piano ed eccomi davanti allo “Scarpone”... Qua serve un rifocillo serio, sorbisco con calma un altro caffè, mi mangio uno schifosissimo gel alla banana, acquisto un “Mars”... quanti anni che non mangiavo un Mars... e mi metto sotto alla pergola, a rifiatare un poco, guardato con sufficienza da due ciclisti hi-tech, biciclette nuovissime, cambio elettronico, leggeri, e sicuri, sorrisetto... Mah!. Inforco la “Fondriest”, la Vetta mi attende, sono poco più di tre chilometri con circa 320 metri di dislivello, senza possibilità di rifiatare, abbastanza impegnativa... la prendo con calma, un agile rapporto 34-23, salgo a 12-13, girato un tornante vedo i “fighetti” che mi tengono dietro, ad una cinquantina di metri, “ma sì, mi passeranno...” mi metto in piedi sui pedali e spingo... sto bene e posso forzare... spengo il cervello e non guardo neppure la strada, asfaltata fresca fresca cui l'unica insidia è questa ferocissima salita... Sede della Rai: un signore mi saluta, rispondo con un grugnito e pedalo, pedalo nella pineta fra tronchi di pini neri e qualche traliccio arrugginito e abbandonato... Manca poco, circa cento metri di dislivello, settecento metri di strada, il pezzo più duro... sto bene, controllo tutte le informazioni che il Garmin mi può dare.... Tornante, rettifilo... “rifiata, Lele, rifiata”... impossibile, non ho tregua, su un rapporto, 34-25... la strada si impenna, mancano pochi metri “dai Lele!!!” grido e su in piedi, dai, dai curvetta, parcheggio, proseguo verso il Santuario, lì, a trenta metri, “daiiii!!!!” mi dico ancora... con un pregevole gesto atletico salto la catena (in realtà poggiata a terra!) che impedisce l'ingresso alle auto ed ecco il Santuario... mi fermo, appoggio la bici ad un pilastro e rifiato, ora davvero.
Scatto qualche foto rituale, uno sguardo ai miei Monti Avetani, avvolti da una insistente foschìa, quattro chiacchiere con un motociclista sudato e riprendo senza pensieri e cautamente la discesa... Fatti cinquecento metri passo a fianco ai due “Fighetti”, rossi in viso, rapportati da Mountain bike e “forsennatamente pedalanti”, saluto, non rispondono, sorrido e mi riconcentro sulla discesa, il Passo è lì, Stradella è lontana ... Strada facendo mi concedo un'altra salita, i diciannove tornanti del “Piccolo Stelvio” che faccio senza neppure sudare una goccia, in scioltezza direi disarmante e a cuor leggero... la discesa verso Santa Maria della Versa e il falso piano per Stradella... un'altra salitina (per far si che il Garmin arrivi a 2000m di dislivello effettivi) e la mia auto è lì, sonnecchiosa che mi aspetta... Uno sguardo verso Sud... il Penice è nel Sole, immoto e azzurro... “oggi ero là” mi dico stanco e soddisfatto e la Bravo sta già macinando i chilometri verso Torre.
Lele.

 

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