martedì 13 marzo 2012


 L'ultima Sera

E' l'ultima sera. Mia madre ha cucinato il pollo in casseruola nel forno della stufa e quelle patate rotonde e piccole, sode come sassi e saporite da leccarsi i baffi. L'ultimo tramonto sta passando sui monti più alti illuminando le rocce e i boschi oramai familiari che mi hanno chiuso l'orizzonte per i giorni oramai passati. Una bottiglia di vino aperta, qualcuno ne berrà un bicchiere e basta, mio padre vicino alla stufa scruta di sottecchi il telegiornale e chiacchiera con mia madre. Mio fratello, sdraiato sul divano rilegge per l'ennesima volta un fumetto che avrà dieci anni.... Guardo tutto questo, mi stringe un po' il cuore. Mi fa un po' male andare via eppure... Si cena velocemente, parlando dei giorni trascorsi e del domani. Domani saranno finite le ferie dei miei genitori, domani saranno finite anche le mie, domani ritorneremo in pianura, domani saluterò Vico.
Mi sistemo come se nulla fosse, magari ho esagerato con il gel e il profumo, saluto velocemente i miei ed esco... nel carrugio sento oramai lontane le raccomandazioni non molto imperative di tornare presto... sono solo per il paese, tutti stanno ancora cenando. Salgo “Pu Regaggiu”, in cima al paese... il Cuniello, la stalla di Piero,ah, che profumo di latte e fieno!, la fontana di Mesugiorti, la salita... le fagiolane, le zucchine, i pali di legno dei recinti...sono in cima... il fossato quasi in secca, solo un rigagnolo dal tubo schiocca sui sassi del greto con ritmo triste ed uguale... scendo Pa Costa, e lo sguardo vola per i monti, per i boschi e con lo sguardo vola anche il pensiero e suoni e rumori mi prendono in uno stato di estasi... Cammino per i sentieri sui monti, ricordo il pianoro sommitale del Maggiorasca, vedo il Penna, l'Aiona, vedo Torrio e il Crociglia..., Ascona, già, chissà come sarà Ascona? Sembra un presepe con tutto il verde intorno e la capanna proprio nel mezzo... Un roveto di rose canine mi passa di fianco: sono Pa Costa.
Mi fermo davanti alla Madonnina “ANNO MARIANO 1955”. Mi siedo sul guard rail. Respiro il fresco e la quiete, il sole arrossa a occidente gli ultimi custi dell' Oramara, una leggera brezza mi solletica il viso... la stagione sfiorisce, i giorni si sono accorciati sensibilmente. Domani a quest'ora sarò a Torre d'Arese, andarsene è una pena, una pena infinita.
Qualcosa si muove in piazza, qualcuno scende dalla Chiesa e svolta verso il basso... è ora di muoversi.
Cammino verso il paese, facendo il meno rumore possibile, le case della Costa, la casa di Berto, la casa di Paolin. Agnese stà sparecchiando la tavola, sento rumore di piatti e bicchieri e poi i rintocchi delle otto. La piazza, il triangolo, le saracinesche del bar di Pietro... chiudo gli occhi e sento in bocca il sapore remoto della Coppa d'Oro Sammontana... Scendo verso il Salone, sono triste, è l'ultima sera, devo divertirmi, fino all'ultima goccia... il campo da bocce, qualche ciuffo d'erba ha già invaso il terreno di gioco, guardo in alto, le stelle mute ed immobili, l'Orsa Maggiore proprio sopra la strada per la Cappelletta... svolto per il Salone, le mani in tasca, c'è fresco. Qualcuno mi ha preceduto, il juke-box sta già sibilando con “Scozia”, due bambinetti si cimentano senza successo in una partita a ping-pong, qualcuno contro un pilastro della pergola guarda verso la Valle... stesso destino per tutti.
Non ho voglia di bere... Andiamo alla Cappelletta, la Luna non è ancora sorta... sembra di poter toccare le stelle “L'ho vista!” sento nella mente ricordandomi della notte di S.Lorenzo quando tutti sdraiati sul piazzale eravamo a caccia di stelle cadenti... non ce la faccio, mi ritiro un po' in disparte, vorrei piangere. Ah! I ricordi... anche se vicini son proprio pugnalate... Si chiacchiera, si fuma una sigaretta, due, mezzo pacchetto, qualche previdente ha messo mano al giubbotto e apre un pacchetto di patatine, qualcun' altro delle arachidi, una lattina di Fanta... si fa tardi. Dal Salone affievolite arrivano le voci di qualcuno che saluta “ci vediamo presto eh!”... Mi alzo, ci alziamo... verso il paese, verso il triangolo... ora fa davvero freddo e c'è un buio dannato, qualcuno ha “spento” il lampione, Paola (credo) mi da “braccetto”. “Bella estate”, “si”, “bellissima”, “alla Madonna venite su”, “si”, “certo”. Passano alcuni minuti fra parole di fretta, sorrisi malinconici, una sigaretta...
Io vado”, “anch'io”, “buona notte”, “buona”. Mi trascino solo fino a casa, ora è finita davvero. Mi ricordo,ero bambino di quando finivano le vacanze scolastiche ... avevamo il “libro delle vacanze”, uno in particolare aveva disegnato il mare con una barca a vela e il sole... anche su quella copertina le ferie stavano finendo, si intitolava “Orizzonte sereno” macchè sereno... dovevo fare ancora tutti i compiti... Sorrido all' idea ed apro la porta di casa. Il tavolo è ingombro di chiavi, occhiali, carte, non si deve dimenticare qualcosa... i miei familiari dormono già... silenzio e un barlume rosso di brace dalle feritoie della stufa... Mi sdraio sul divano e mi addormento...
E'mattina, domenica. Mia madre ha già preparato i bagagli, ieri ha comprato la focaccia e un po' di prosciutto in modo da non dover cucinare... aiuto mio padre a “portare giù” le cose non più necessarie, le valigie, la cassetta “dei ferri”, altre scatole delle quali ignoro il contenuto...
C'è il sole, è una splendida giornata di fine estate, qualche nuvola fa capolino dall'Alta Valle, qualche automobile è in transito sulla strada statale.
Le campane suonano è ora di andare a Messa... cammino con Gigi e ci sediamo “fuori”, di fianco alla Chiesa e lì incontriamo Fabrizio, Igor, Matteo, Tony e altri... parlano a bassa voce... qualcuno si è acceso, non curante, una sigaretta
La celebrazione finisce, c'è tempo per un ultimo gotto all' Osteria, dalla Michina... Voglio andarmene, devo, non voglio salutare... è tutto veramente troppo...
Pranziamo, aiuto a chiudere la casa, una mosca continua a cozzare contro i vetri chiusi, la bottiglia di vino tappata alla meglio rimane a metà di fianco al frigorifero... mi viene in mente una poesia di Neruda e un nodo mi stringe...
Mio padre ci aspetta giù dallo “scalone”, un saluto veloce agli zii, ancora a pranzo, e poi giù... un timido colpo di clacson, come saluto alle pietre delle case, ai carrugi, alla Chiesa, a qualcuno ancora per strada, alla strada per la Cappe, al Salone... Vicomezzano, un cane macilento trotta a bordo strada, Alpepiana, Lagin, il Ponte sull' Aveto. Guardo su, vedo la Costa, le tre case della Costa, e poi tutti il Paese, con il campanile e il candore delle case nel sole del mezzogiorno appena passato... Chiudo gli occhi, rivedo la mia vita, rivedo Pescin, Pianseiun, Campori, Saruggia, rivedo i miei amici, rivedo la gente di Vicosoprano, rivedo le lapidi del Cimitero... Guardo ancora su, il paese sta scomparendo dietro il fianco del monte, qualche decina di metri, mi volto, guardo mio padre alla guida, gli occhiali da sole e la sigaretta, la Tipo scivola leggera per la Val d'Aveto, lontano da Vico, adesso realmente in maniera definitiva. Ciao...
Era la fine estate del millenovecentonovantotto, per mio padre l'ultima vacanza a Vico... quanto tempo è passato? Quante cose sono successe? Qualche anno fa ci ha lasciato anche Gigi, troppo presto...

Rileggo queste righe, ripenso a tante cose, rivedo la Tipo che arranca per la salita dopo la casa di Adreveno, passa il cartello di Vicosoprano, e mio padre che dice “eccoci arrivati!” e un sorriso sul suo viso e sul viso di mia madre e di noi due ragazzi...
Sono sposato, e ho due bellissimi bambini, Riccardo e Viola, auguro loro di vivere Vico come l'ho vissuto io, di vivere il presente con serenità e di serbare nel cuore le cose belle che difficilmente ritorneranno e che sono di aiuto nei momenti bui.
Lele

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