venerdì 30 marzo 2012

La Pietra
È solo Pietra
Pietra spaccata con cunei testardi
Squadrata dalla remota pazienza
Pietra domata con sudore e bestemmie che diventan preghiere
Pietra delle case e dei nostri focolari
Nera di braci di cene frugali
Bianca alla luce dell' acerba passione
Pietra preziosa al sole o alla neve
Fra i fiori o nei greti dei nostri torrenti
Pietra d'Appennino
Tenace ed azzurra e sonante al posarsi di foglia
Immobile e viva Pietra dalla quale siamo partiti
Alla quale torniamo
Alla quale per sempre torneremo.
Lele

martedì 27 marzo 2012

Era solo un pacchetto di crackers...
Accadde tutto una trentina di anni or sono, nel cortile del Seminario a Pavia.
Eravamo lì oramai da qualche ora, fra giochi di gruppo, preghiere... tutte le parrocchie del Vicariato erano state invitate ad una giornata in Seminario, riuniti per gruppi. Erano in palio premi per il gruppo che si fosse distinto nelle varie prove... si doveva disegnare, cantare, tirare la fune e poi altri giochi di movimento. Non mi piaceva, mi annoiavo ero assente da tutti i giochi, giocavo si, ma la mia mente era a Torre d'Arese, nel sole dell' estate, fra lo stridio delle cicale, sulle strade dei campi polverose, fra un "guardia e ladri" e un nascondino fra gli amici di scuola... qui era tutto troppo "cittadino" ed organizzato... mi annoiavo. Arrivò il mezzogiorno, iniziammo il pranzo al sacco, seduti in cerchio, panini, una bibita,  un dolcetto che la nonna era riuscita a nascondermi nello zainetto e un pacchetto di crackers... finii tutto in un batter d'occhio, che fame quando si è sempre di corsa e sudati!!! Mi defilai e rovistato nella cartella trovai ed aprii i crackers... Come in tutti gli agglomerati ove un gran numero di bambini e ragazzi spazia, siano essi scuole, oratori o colonie estive c'è sempre il bambino grasso e prepotente che ruba le merende ai più piccoli... avevo sei o sette anni, magro scheletrico e velocissimo a correre sia a piedi che in bici... Oscar stava a qualche metro da me, grasso, sudato con la suina faccia velata da un' espressione truce... Studiava cosa stessi mangiando e avvicinatosi mi diede uno strattone che  gettò il pacchetto per terra. Vi saltò sopra  e mandando in briciole quello che rimaneva disse canzonandomi "a me i crackers mi fanno schifo"  e giù un altro spintone che mi fece ritrovare seduto a terra... Guardai il pacchetto,  ripensai alla nonna a casa e  mi si riempirono gli occhi di lacrime. Maledii quel posto, maledii la giornata e mai come allora avrei voluto essere "grande" per riuscire a vendicare l'angheria subita e ad andarmene...
Lele

mercoledì 21 marzo 2012

21 Marzo

Così un giorno là mi troverete
là dove ha termine il bosco e inizia il prato
là fra le viole e il silenzio
sotto le ultime stelle di una chiara aurora.

Là sarò ad aspettarvi
là dove l'ultima neve di primavera brilla al sole
là fra i fili d'erba e il vento di Scirocco
lo sguardo fisso senza nulla vedere.

Là arriverete ansanti
là dove il falco grida la sua rabbia e non si stanca
là vicini al cielo e alle nuvole bianche
e poi fermarsi un poco a meditare.

Così mi troverete
e così insieme potremo riveder le Maggiorasche albe
e le sere d'Oramara con il fuoco in cielo
Così mi troverete e così ci riuniremo... un giorno... forse.
Lele

Scritta un equinozio di primavera di tanti anni fa...

martedì 13 marzo 2012


 L'ultima Sera

E' l'ultima sera. Mia madre ha cucinato il pollo in casseruola nel forno della stufa e quelle patate rotonde e piccole, sode come sassi e saporite da leccarsi i baffi. L'ultimo tramonto sta passando sui monti più alti illuminando le rocce e i boschi oramai familiari che mi hanno chiuso l'orizzonte per i giorni oramai passati. Una bottiglia di vino aperta, qualcuno ne berrà un bicchiere e basta, mio padre vicino alla stufa scruta di sottecchi il telegiornale e chiacchiera con mia madre. Mio fratello, sdraiato sul divano rilegge per l'ennesima volta un fumetto che avrà dieci anni.... Guardo tutto questo, mi stringe un po' il cuore. Mi fa un po' male andare via eppure... Si cena velocemente, parlando dei giorni trascorsi e del domani. Domani saranno finite le ferie dei miei genitori, domani saranno finite anche le mie, domani ritorneremo in pianura, domani saluterò Vico.
Mi sistemo come se nulla fosse, magari ho esagerato con il gel e il profumo, saluto velocemente i miei ed esco... nel carrugio sento oramai lontane le raccomandazioni non molto imperative di tornare presto... sono solo per il paese, tutti stanno ancora cenando. Salgo “Pu Regaggiu”, in cima al paese... il Cuniello, la stalla di Piero,ah, che profumo di latte e fieno!, la fontana di Mesugiorti, la salita... le fagiolane, le zucchine, i pali di legno dei recinti...sono in cima... il fossato quasi in secca, solo un rigagnolo dal tubo schiocca sui sassi del greto con ritmo triste ed uguale... scendo Pa Costa, e lo sguardo vola per i monti, per i boschi e con lo sguardo vola anche il pensiero e suoni e rumori mi prendono in uno stato di estasi... Cammino per i sentieri sui monti, ricordo il pianoro sommitale del Maggiorasca, vedo il Penna, l'Aiona, vedo Torrio e il Crociglia..., Ascona, già, chissà come sarà Ascona? Sembra un presepe con tutto il verde intorno e la capanna proprio nel mezzo... Un roveto di rose canine mi passa di fianco: sono Pa Costa.
Mi fermo davanti alla Madonnina “ANNO MARIANO 1955”. Mi siedo sul guard rail. Respiro il fresco e la quiete, il sole arrossa a occidente gli ultimi custi dell' Oramara, una leggera brezza mi solletica il viso... la stagione sfiorisce, i giorni si sono accorciati sensibilmente. Domani a quest'ora sarò a Torre d'Arese, andarsene è una pena, una pena infinita.
Qualcosa si muove in piazza, qualcuno scende dalla Chiesa e svolta verso il basso... è ora di muoversi.
Cammino verso il paese, facendo il meno rumore possibile, le case della Costa, la casa di Berto, la casa di Paolin. Agnese stà sparecchiando la tavola, sento rumore di piatti e bicchieri e poi i rintocchi delle otto. La piazza, il triangolo, le saracinesche del bar di Pietro... chiudo gli occhi e sento in bocca il sapore remoto della Coppa d'Oro Sammontana... Scendo verso il Salone, sono triste, è l'ultima sera, devo divertirmi, fino all'ultima goccia... il campo da bocce, qualche ciuffo d'erba ha già invaso il terreno di gioco, guardo in alto, le stelle mute ed immobili, l'Orsa Maggiore proprio sopra la strada per la Cappelletta... svolto per il Salone, le mani in tasca, c'è fresco. Qualcuno mi ha preceduto, il juke-box sta già sibilando con “Scozia”, due bambinetti si cimentano senza successo in una partita a ping-pong, qualcuno contro un pilastro della pergola guarda verso la Valle... stesso destino per tutti.
Non ho voglia di bere... Andiamo alla Cappelletta, la Luna non è ancora sorta... sembra di poter toccare le stelle “L'ho vista!” sento nella mente ricordandomi della notte di S.Lorenzo quando tutti sdraiati sul piazzale eravamo a caccia di stelle cadenti... non ce la faccio, mi ritiro un po' in disparte, vorrei piangere. Ah! I ricordi... anche se vicini son proprio pugnalate... Si chiacchiera, si fuma una sigaretta, due, mezzo pacchetto, qualche previdente ha messo mano al giubbotto e apre un pacchetto di patatine, qualcun' altro delle arachidi, una lattina di Fanta... si fa tardi. Dal Salone affievolite arrivano le voci di qualcuno che saluta “ci vediamo presto eh!”... Mi alzo, ci alziamo... verso il paese, verso il triangolo... ora fa davvero freddo e c'è un buio dannato, qualcuno ha “spento” il lampione, Paola (credo) mi da “braccetto”. “Bella estate”, “si”, “bellissima”, “alla Madonna venite su”, “si”, “certo”. Passano alcuni minuti fra parole di fretta, sorrisi malinconici, una sigaretta...
Io vado”, “anch'io”, “buona notte”, “buona”. Mi trascino solo fino a casa, ora è finita davvero. Mi ricordo,ero bambino di quando finivano le vacanze scolastiche ... avevamo il “libro delle vacanze”, uno in particolare aveva disegnato il mare con una barca a vela e il sole... anche su quella copertina le ferie stavano finendo, si intitolava “Orizzonte sereno” macchè sereno... dovevo fare ancora tutti i compiti... Sorrido all' idea ed apro la porta di casa. Il tavolo è ingombro di chiavi, occhiali, carte, non si deve dimenticare qualcosa... i miei familiari dormono già... silenzio e un barlume rosso di brace dalle feritoie della stufa... Mi sdraio sul divano e mi addormento...
E'mattina, domenica. Mia madre ha già preparato i bagagli, ieri ha comprato la focaccia e un po' di prosciutto in modo da non dover cucinare... aiuto mio padre a “portare giù” le cose non più necessarie, le valigie, la cassetta “dei ferri”, altre scatole delle quali ignoro il contenuto...
C'è il sole, è una splendida giornata di fine estate, qualche nuvola fa capolino dall'Alta Valle, qualche automobile è in transito sulla strada statale.
Le campane suonano è ora di andare a Messa... cammino con Gigi e ci sediamo “fuori”, di fianco alla Chiesa e lì incontriamo Fabrizio, Igor, Matteo, Tony e altri... parlano a bassa voce... qualcuno si è acceso, non curante, una sigaretta
La celebrazione finisce, c'è tempo per un ultimo gotto all' Osteria, dalla Michina... Voglio andarmene, devo, non voglio salutare... è tutto veramente troppo...
Pranziamo, aiuto a chiudere la casa, una mosca continua a cozzare contro i vetri chiusi, la bottiglia di vino tappata alla meglio rimane a metà di fianco al frigorifero... mi viene in mente una poesia di Neruda e un nodo mi stringe...
Mio padre ci aspetta giù dallo “scalone”, un saluto veloce agli zii, ancora a pranzo, e poi giù... un timido colpo di clacson, come saluto alle pietre delle case, ai carrugi, alla Chiesa, a qualcuno ancora per strada, alla strada per la Cappe, al Salone... Vicomezzano, un cane macilento trotta a bordo strada, Alpepiana, Lagin, il Ponte sull' Aveto. Guardo su, vedo la Costa, le tre case della Costa, e poi tutti il Paese, con il campanile e il candore delle case nel sole del mezzogiorno appena passato... Chiudo gli occhi, rivedo la mia vita, rivedo Pescin, Pianseiun, Campori, Saruggia, rivedo i miei amici, rivedo la gente di Vicosoprano, rivedo le lapidi del Cimitero... Guardo ancora su, il paese sta scomparendo dietro il fianco del monte, qualche decina di metri, mi volto, guardo mio padre alla guida, gli occhiali da sole e la sigaretta, la Tipo scivola leggera per la Val d'Aveto, lontano da Vico, adesso realmente in maniera definitiva. Ciao...
Era la fine estate del millenovecentonovantotto, per mio padre l'ultima vacanza a Vico... quanto tempo è passato? Quante cose sono successe? Qualche anno fa ci ha lasciato anche Gigi, troppo presto...

Rileggo queste righe, ripenso a tante cose, rivedo la Tipo che arranca per la salita dopo la casa di Adreveno, passa il cartello di Vicosoprano, e mio padre che dice “eccoci arrivati!” e un sorriso sul suo viso e sul viso di mia madre e di noi due ragazzi...
Sono sposato, e ho due bellissimi bambini, Riccardo e Viola, auguro loro di vivere Vico come l'ho vissuto io, di vivere il presente con serenità e di serbare nel cuore le cose belle che difficilmente ritorneranno e che sono di aiuto nei momenti bui.
Lele
Una sera di qualche anno fa

Finalmente la sera...
Giornata rovente oggi, in auto, in cantiere, caldo e sole. Un sole bianco e immenso a chiudere tutto il cielo in un turbine di aria rovente e tremolante...
E' sera, una bava di vento muove appena le foglie appassite dei pioppi qui dietro, il cielo si arrossa all' orizzonte e poi più scuro verso l'alto e un blu appena appena sbiancato da una timida luna che sorge dai rami degli alberi verso la cascina...
Sono solo, amo qualche istante di solitudine, mi appoggio al muro della rimessa, caldo dalla giornata trascorsa. Sento il silenzio degli uomini stanchi che rientrano a casa, sento le voci dei bambini che come ogni sera festeggiano l'evento. Chiudo gli occhi e mi tuffo in un sogno appena appena accennato, interrotto ogni tanto da un frullo di ali fra le foglie del pesco.  Mi vedo bambino, in bicicletta con le ginocchia sbucciate, trafelato dopo una corsa su e giù per la strada per Morivione con gli amici. Sento le voci, sento i suoni e l'odore ancora oggi famigliare del ferro lavorato nella fabbrica che fu di mio padre... Mi sveglio.
Guardo lontano, un uomo avanza a piedi con un bimbo per mano, le rondini volano radenti alla terra polverosa. E' sera e il mondo si ferma stravolto dal ritmo frenetico delle giornate, il cielo è oramai da un indaco al nero e qualche stella brilla rendendo completo questo scenario di pace.
Lele

lunedì 5 marzo 2012

 Il Cane

Un marzo di tanti anni fa, sera...
... una tersa sera, un tramonto infuocato, mille luci tremolanti all' orizzonte e una chiara atmosfera sovranaturale... ritornavo in bicicletta  a Marzano da Torre d'Arese, pedalavo come un forsennato per "battere il record"... Ponte del Cavo, il "Muron", il Rossi che stà ancora arando il campo... il Cimitero, centinaia di lumini, centinaia di graniti scolpiti... Un cane nel fosso lì davanti. Morto.
Toh, l'avranno investito, povera bestia, un cagnolone beige, pelo raso, rallento, noto solo un rivolo di sangue dalla bocca, gli occhi spalancati...
Ancora qualche pedalata ed ecco casa mia... vedo la 131 del papà, è già arrivato, vedo gli amici che giocano a pallone nel cortile, mi scappa lo sguardo; un cane trotta con un pane in bocca verso il Cimitero... ci devo capire dentro qualcosa... Volto la bici e con discrezione seguo il cane... si ferma, mi fermo, scende nel fosso e seguita a trottare verso l'altro cane investito. Trattengo il fiato, so cosa succederà fra poco... Il cane deposita il pane fra le zampe del morto e inizia con il muso a spingere il compagno rigido e freddo, con insistenza, quasi con rabbia, per volerlo per forza svegliare. E continua, continua e vorrei cacciarlo per evitare a entrambi, questo momento di pena... Non si rassegna, continua con le zampe ma l'altro, inesorabilmente, continua a fissare il vuoto, con gli occhi vitrei e assenti...  Riprendo a respirare, guardo verso il tramonto, guardo verso le colline... un aereo avanza brillando all' ultimo sole... "E le chiamano bestie..." mi dico con la mente ingombra dalla scena appena vista. Ritorno a casa, gli amici sono tutti in cortile... non ho voglia di giocare, non ho voglia di sorridere non ho voglia di parlare. Quella sera, la cena aveva un sapore amaro.
Lele