sabato 22 dicembre 2012

24 dicembre 1947 - Racconto di Natale

Racconto di Natale, con contenuto simile al racconto del giorno di Santa Lucia pubblicato qualche giorno fa... rileggo e mi commuovo, si non ho alcuna vergogna a dirlo... Quanta generosità, ingenuità, fiducia nel prossimo... si stava davvero così male?

Racconta mia madre che era consuetudine, ogni anno, per suo padre, verso i primi di dicembre, segnare con il gesso delle linee sulla trave della cucina. Quei segni indicavano la lunghezza del torrone che i figli avrebbero ricevuto a Natale, una specie di calendario dell'Avvento, misuratore della bontà o meno dei cinque pargoli. La nonna alla sera, con fare serio riferiva il comportamento di ognuno e la linea, a seconda, si accorciava o si allungava.
Era il 1947, un anno particolarmente freddo e il nonno, muratore, dato il clima molto rigido non aveva occupazione... Arrivò dicembre ed il Natale era lì a pochi giorni oramai ma di segni sulla trave neanche l'ombra. Ogni giorno il Nonno Pino usciva alla ricerca di un lavoro  ed ogni volta ritornava abbacchiato scuotendo il capo. La nonna aveva intensificato le suppliche alla Divina Provvidenza ed in casa si avvertiva un che di preoccupazione e di scontento. Il nonno non parlava più, racconta mia madre, aveva abbandonata anche la pipa e il poco tabacco che poteva permettersi e continuava la ricerca di un lavoro, inutilmente.
Venne la Vigilia, durante la notte era nevicato molto abbondantemente, la mattina tutto luccicava di ghiaccio e di sole ed il nonno come oramai quotidianamente soleva fare era uscito, mentre i bambini affollavano la via giocando con la neve. Ritornò nel pomeriggio, allegro, trasformato, loquace... la famiglia si raccolse intorno a lui incuriosita e così iniziò il racconto di quanto accaduto...Raccontò di aver visto un'automobile sbandare per il fondo stradale ghiacciato, finire fuori strada e terminare la corsa nelle acque gelide di una Roggia, al che lui, senza indugi, abbandonata la bicicletta, scese nell'acqua e trasse in salvo l'occupante, un ricco signore milanese il quale... qui il nonno Pino si interruppe e frugando in una tasca del tabarro estrasse una banconota, una grossa banconota, gratitudine dell' uomo salvato dalle acque. La nonna scoppiò a piangere e iniziò a pregare, lui, trionfante si congedò dalla famiglia dicendo:” Vado ad avvertire Gesù Bambino perchè stasera si ricordi di passare anche da noi!”.
Venne la sera, il sereno del giorno aveva intensificato il freddo e il cortile, gli alberi e tutto l'intorno sembravano di cristallo... Il cielo iniziava ad annuvolarsi nuovamente... “sta not fioca ammò” disse la nonna riponendo in dispensa l'abbondanza che la Provvidenza aveva concesso... i bambini si eccitavano all'idea di altra neve... “RAPE!, RAPEE!” si sente gridare nel cortile... un espressione interrogativa scolpì il viso del nonno al che, brandita la pipa e la borsina del tabacco, si affacciò alla porta incuriosito. Un omino infagottato con un carretto e sopra al carretto due casse di rape gelate e dure come dei sassi. Si avvicinarono. “Benedetto uomo!” disse il nonno “chi volete che vi compri delle rape la sera di Natale? L'omino si voltò, abbassò lo sguardo e disse “ho a casa sette figli e ho solo le rape per farli mangiare domani” Il nonno guardò l'uomo e si rivide...vide i figli alla finestra, sentì ancora una volta le preghiere della moglie, ripensò alla fame e al freddo...”set fiö” disse con un filo di voce... affondò la mano nella tasca e raccogliendo quello che rimaneva della banconota disse: “bene, un po' di rape ve le compro io allora”.
I due uomini si guardarono alcuni istanti in silenzio, qualche fiocco di neve iniziò a scendere, gli occhi dell' omino luccicavano... “Grazie, Grazie, Buon Natale” disse commosso dopo aver depositato a terra una cassa di rape, “Buon Natale anche a Voi “ ricambiò il nonno e rimase lì, nel cortile a guardare il carretto allontanarsi.
Iniziò a nevicare copiosamente, nelle case le stufe crepitavano e attutito dai fiocchi, arrivava l'eco di una remota cantoria... “Adeste Fideles Laeti Triumphantes”...

Buon Natale a tutti voi

Lele


lunedì 17 dicembre 2012

18-12-1999

...si, mi ricordo di lui, me lo ricordo sempre brizzolato, magro, uguale, con la sigaretta perennemente accesa, mi ricordo della calma che usava in ogni azione e dell'essere comunque determinato e fermo sulle proprie idee... mi ricordo che ci voleva davvero bene, senza fronzoli o ostentazioni... si, mi ricordo anche che lo tempestavamo di domande e che lui con garbo  dava soddisfazione alla nostra curiosità, sempre... mi ricordo  che aveva delle mani d'oro: non c'era lavoro che non sapesse fare, fosse manuale o di estremo concetto, mi ricordo che era un genio della matematica e di tutte le sue applicazioni; avrebbe potuto tranquillamente esserne docente universitario ma ha preferito coltivarla con passione, senza doveri... si, mi ricordo di lui, della sua generosità, mai manifestata apertamente, mai, mi ripeto, ostentata... mi ricordo che era tifosissimo della Juventus e di come esultava ad un goal o di come rimaneva calmo in caso di rete subìta o sconfitta... mi ricordo dei suoi libri di geografia, di matematica (in tedesco e francese!), delle sue centinaia di dischi di musica classica, dell' enciclopedia Treccani, acquistata per noi con sudore... Mi ricordo delle tessere del P.C.I., di quando era Sindaco, delle riunioni, dei "Compagni" che ogni tanto passavano in casa a chiacchierare... mi ricordo della Peugeot 104 blu con cui ci portava alla scuola materna, mi ricordo della 131 e di un viaggio interminabile nella neve per Vicosoprano, mi ricordo della Tipo, la sua ultima auto... ah, già Vicosoprano... mi ricordo che lo amava... anche se era un furestu... mi ricordo che amava la nostra casetta, mi ricordo i sacrifici fatti per costruirla... mi ricordo che amava mia madre, e che fra loro c'erano sempre parole di serenità, mai un'offesa o qualcosa di fuori posto... avranno pure discusso, sempre con pacatezza e rispetto, senza mai coinvolgere terze persone... Mi ricordo del 18 dicembre 1999, era un freddo sabato, mi ricordo i suoi occhi, illuminati davanti all'albero di Natale che solo per lui avevo fatto... mi ricordo che ci ha lasciati così, dopo una malattia lunga e penosa, come era solito fare, in silenzio e con un sorriso... ciao Papà.

Lele

Il 18 dicembre 1999 è morto mio padre, domani cade il tredicesimo anniversario... quante cose sono accadute in tutto questo tempo... Non so farne un bilancio, di alcune non me ne faccio una ragione e mai me la farò... Ricordo e il farlo mi pugnala.

giovedì 13 dicembre 2012

13 dicembre, Santa Lucia.

Il giorno di Santa Lucia, quasi trent'anni fa.
...erano giorni che Gigi ed io stavamo a rimirare i regali che Gesù Bambino inavveritamente aveva depositato in anticipo sotto l'albero... una pista delle macchinine Polistyl e un piccolo plastico con un treno elettrico Lima stavano oziosi in un angolo del soggiorno, illuminati da crepitanti lucine natalizie, in attesa di essere demoliti da noi due furie scatenate...
 Era freddo, molto, una neve sottile e ghiacciata aveva già dalla notte imbiancato la Pianura ed aveva vetrificato gli alberi, nessuno in giro, ogni tanto un trattore ferragliava sulla strada con la lama per la "calà", ogni tanto un'auto cautamente avanzava a passo d'uomo.
Mio padre era a casa dal lavoro, mia madre spremeva ore di straordinari in una biblioteca di Pavia, i lavori per la casa nuova erano iniziati e assorbivano gran parte delle risorse della famiglia... Mancava nulla ma si era "al risparmio"... tutto era centellinato e le spese da affrontare erano attentamente vagliate dai miei genitori.
La via era bianca, un uomo piegato contro le raffiche del vento avanzava scomposto... un impermeabile, un cappellaccio, una cassetta da venditore ambulante a tracolla; alto, macilento, i baffi bianchi di gelo, merce povera, calze di spugna, fazzoletti di carta, aghi e fili: uno spaventapasseri in balìa degli elementi... Camminava  e si avvicinava  alle palazzine ove al momento abitavamo, provò ad alcuni citofoni, nessuna risposta, desistette... "guarda papà... c'è uno che vende... ma è un matto sicuro!" risi.  Mio padre non si scompose, accese una sigaretta, si calcò in testa il colbacco  e si avviò verso la porta... Ci precipitammo alla finestra. Nella neve confabularono, il giovane scuoteva il capo, mio padre continuò a parlare, allargò le braccia e con un gesto amichevole indicò la strada per casa nostra..."ma cun stò freg"... sentii dire a mio padre... Entrarono, le scarpe, le spalle, il cappello pieni di neve... "eh, ostia, non ho proprio venduto niente oggi!" disse il giovinastro mentre già il colorito stava tornando ed un sorriso stentato illuminava il suo sguardo... Mio padre aprì il cassetto della scrivania, trasse il portafoglio e dal portafoglio l'unica banconota presente, un cinquemila lire... un cinquemila lire di "Antonello da Messina", marrone, sgualcito... No, No, non ho il resto, ma figuriamoci capo... cinc mila franc? no!  Dai, dammi i fazzoletti di carta, il "frescolino" (deodorante per ambiente, n.d.L.) e quelle calze lì... Ma non ho il resto, rispose implorante lo spaventapasseri... "Ciapa e va" disse mio padre con già in mano i poveri oggetti acquistati porgendo la banconota... "Non so cosa dire..." disse incredulo...  "Ghet da di nient",disse mio padre " Grazie, grazie" rispose commosso il venditore cercando la porta...  Uscì sorridendomi ed ancora oggi mi ricordo i suoi occhi lucidi e l' impermeabile bagnato fradicio...
Rincasò a sera mia madre, una giornata di lavoro, un viaggio interminabile nella neve...uno sguardo alla scrivania... "Pietro, cos'hai comprato!, lo sai, non è il caso di spend..."- "Angela!"- interruppe dolcemente mio padre, "ne aveva meno di noi"...  Ora che anche la mamma era rincasata l'atmosfera si faceva rilassata, il tepore domestico contrastava il vento e la neve là fuori, Astro del Ciel suonava da un 33 giri sullo stereo..."è Natale poi" continuò guardando noi due bambini... Mia madre scrollò il capo sorridendo, mi padre accese l'ennesima sigaretta, ed io mi immaginai quell'uomo a casa, finalmente davanti al fuoco, con i suoi bimbi in attesa dell'arrivo di Gesù Bambino...
 Lele

Mi sono ricordato di questo fatto l'anno scorso nel periodo natalizio, l'ho pubblicato su Facebook come "Racconto di Natale 2011", lo ripropongo oggi, 13 dicembre, Santa Lucia.



domenica 25 novembre 2012

L'ultimo pezzo di legno... 

Tempo fa scrissi e trasformai in video un breve racconto sull' "ultima sera" a Vicosoprano prima di una partenza, cosa ho provato, cosa provo... Oggi ho lasciato Vico per l'ennesima volta dopo un weekend in compagnia di mio figlio Riccardo, cosa ho provato l'ho sperimentato nuovamente ma in casa, cosa accade dopo che l'ultima mandata della porta ha finito di echeggiare nell' ingresso?

Ecco fatto, l'ultimo pezzo di legno è stato sistemato davanti alla porta, una piccola protezione se nevica copiosamente, l'ho sempre fatto è una specie di rito, non so...
Nella stufa erano rimaste alcune braci, ho spostato le sedie e i cuscini per precauzione, di incendi ne ho fin sopra i pochi capelli rimastimi... Non mi preoccupo, il gas è chiuso e ho disarmato il contatore Enel... la porta è chiusa e barcollo giù per lo scalone con una scatola sotto ad un braccio e Riccardo che mi saltella davanti... ecco l'auto. In casa è buio, la stufa continua ad irradiare il poco calore che lo consentono due giorni di fuoco, il rubinetto, stante che ho chiuso il "generale" gocciola nel lavabo., rimane l'ultimo lontano odore del tabacco che ho bruciato nel portacenere.
Come da "pronostico" non sono ancora ad Alpepiana e Riccardo dorme già, guido piano, cerco qualcosa di fotografabile ma piove e c'è scarsa visibilità, l'idea di bagnare la Canon e gli obiettivi mi fa proseguire... Passo il ponte sull'Aveto, in casa, la mosca che ci ha "tenuto compagnia" in questo fine settimana si gusta qualche chicco di zucchero rimasto  sul tavolo, il rubinetto gocciola ancora, sempre più di rado... nella stufa le ceneri  hanno il sopravvento sulle braci, ancora un piccolo barlume dalle feritoie della serranda, la temperatura inizia a scendere...
Guido, non piove. Mi concedo una sosta alla diga ed armo la Canon con il 300mm... voglio leggere l'idrometro, non mi riesce, l'asta è sporca di fanghiglia, mi scappa una foto al campanile di Castagnola e ad un falchetto in volo fra le nubi basse... Riccardo dorme con le gambe accavallate, una posa impossibile ma lui stesso all'andata mi ha spiegato che con le "gambe lunghe" è scomodo... beata innocenza! La mosca ronza verso i vetri, verso la minima luce che filtra dalle imposte e toc!, il vetro è lì, amorfo e inesorabile. La pioggia ticchetta sulla nuova copertura, una folata di vento filtra dalla finestrella della camera da letto, producendo l'attenti di un ragno dalle lunghe zampe... La stufa è appena appena tiepida, c'è fresco oramai. Il frigorifero, spento e con le ante aperte si "riscalda" con il residuo calore dell'ambiente, il ghiaccio si stacca con rumore vitreo dalle pareti del congelatore. 
Guido, la strada del ritorno è sempre lunga, una radio locale mi passa con garbo una canzone dei Creedence Clearwater Revival, mi sovviene il Big Lebowsky, citato da Fabrizio la sera prima a cena con me e Riccardo a Cabanne... Preistoria oramai. 
Riccardo si stiracchia, siamo in galleria a Perino... "Lunga" mi dice richiudendo gli occhietti, lo accarezzo e metto la freccia per sorpassare una fumosa Opel Kadett... La turbina urla la sua rabbia, "tiro" un poco approfittando del rettilineo e in pochi istanti il sorpassato è un puntino nell'orizzonte del retrovisore...
La Multipla scivola leggera, cavalca  ponti, rasenta guard-rail, solca pozzanghere... A Vicosoprano c'è buio, in casa è notte... la mosca terrorizzata e quasi rassegnata si schianta per l'ennesima volta contro il vetro rimanendo intontita a zampe insù sul pavimento... ronza debolmente sfinita... La stufa è fredda, il rubinetto ha finito di gocciolare e il lavabo inizia ad asciugare, così come sono oramai asciutti i piatti e le tazze della colazione e i bicchieri lavati qualche ora prima. L'orologio a parete, al quale ho dimenticato di togliere le batterie continua a diffondere i sui tic-tac per la stanza... quanto durerà, quanti migliaia di secondi, di tic-tac andrà avanti prima che tutto si riduca al silenzio?
Sono a casa, sto scaricando l'auto, il camino fuma sul tetto, anche qui scappa qualche goccia, c'è vita in casa, i cani si avvicinano circospetti a salutarmi... Mi passa per la mente la casetta a Vicosoprano. 
La mosca è morta, il suo corpicino è sul pavimento, accanto ad un camioncino e ad una macchinina della polizia dimenticati da Riccardo, una scena da incidente stradale. Il freddo si è impadronito delle stanze e un po' di umido inizia a regalare quell'odore tipico delle case rimaste serrate per molto tempo. La polvere non ha mai smesso di coprire tutto ciò che ho di caro e che è rimasto lì ad aspettarmi, silenzio malinconico... tic-tac, tic-tac, tic-tac, tic-tac...

Arrivederci.

Lele

lunedì 19 novembre 2012

Compagni di Viaggio
...Due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai.
Potranno scegliere imbarchi diversi, saranno sempre due marinai.
Lei disse misteriosamente "Sarà sempre tardi per me quando ritornerai".
E lui buttò un soldino nel mare, lei lo guardò galleggiare, si dissero "Ciao!"
per le scale e la luce dell'alba da fuori sembrò evaporare... (F.De Gregori).



Autunno, domenica mattina, fresco e coperto, ideale.
E' tempo che abbiamo organizzato un'uscita ciclistica, che abbiamo parlato di salite e colli, oggi Fabrizio mi ha raggiunto a Torre d'Arese ed oggi, finalmente, partiamo per una passeggiata sui Colli Banini. Qualche pedalata tranquilla, per abbandonarci inermi  allo sfogo della fatica ed annullare i pensieri...
Siamo partiti, l'aria è frizzante, l'olio canforato sulle ginocchia scoperte dà una sensazione piacevole, la brezza ci accarezza...  Si pedala, qualche parola, qualche battuta e l'asfalto scorre, la strada si confonde nella foschia, la foschia si confonde nelle nuvole e nell'orizzonte, le distanze si accorciano e diventano nulle...
Avanziamo guardinghi, scruto il modo di pedalare di Fabrizio e ne conto le battute al minuto...  mi perdo  alcune volte e  mi concentro sulla mia  pedalata... Sono troppo veloce, dovrei alzare di un rapporto per essere nella giusta media...  non faccio però  fatica e proseguo così... Le ruote scorrono strada, leggere e silenziose... solo il ronzìo della catena che scorre sulla corona e sul pignone... Pace, la mente completamente sgombra, un airone cinerino ci ignora dalla ripa di una roggia...
Non c'è agonismo nè malizia, anzi, ci si premura per stare  davanti a "tirare", a fendere l'aria per agevolare il compagno... Passiamo Magherno, e poi Villanterio, Gerenzago, Inverno, Monteleone, Terme di Miradolo... "Fabri, ci siamo, fra poco attaccheremo la Peloia", una bella salita per la vetta dei Colli... Giù due rapporti, giù tre, la salita si sente, eccome, arranco fingendo benessere, Fabrizio mi passa con uno slancio, in piedi sui pedali, io mollo e mi fermo ansante... Mi imita mosso a pietà e prendiamo fiato... La "tirata" fatta qualche chilometro prima (per "stare dietro" ad un gruppone di colleghi ben più allenati) ci ha un po' sfiancati: troppo tempo senza moto,  dovremmo andare più adagio... Riprendiamo a pedalare in salita, arranchiamo o meglio, arranco con i muscoli che "urlano" ma non mi fermo, sudo, un rivolo mi acceca un occhio... Mi sovvengono aperitivi e bevute fra amici, penso al cibo e ai chiletti che ho di troppo, un grosso topo mi attraversa la strada, lo confondo con un pollo arrosto e maledico i baccanali... Un falso piano, ci sono quasi e poi potrò tirare fiato...  eccomi al Nettare dei Santi... Mi fermo, sbanfo come una locomotiva e mi asciugo la fronte... La bicicletta muta aspetta il guerriero stanco. Guardo la picchiata che ci separa da San Colombano al Lambro, riparto e metto un rapporto alto, il Muntagnòn come dicono i vecchi leoni qui... La discesa è bella, quasi rettilinea, mi butto a spron battuto; il ciclocomputer parla chiaro: 45, 48, 51, 55, 57, 61, 65, 67... mi attacco ai freni che sibilano e che mi riportano in breve a velocità più prudenti...
San Colombano, ci concedimo una buona bevuta e quattro chiacchiere oltre che a cinque minuti di riposo... la Colata è lì che ci aspetta... E' una salita progressiva, parte abbastanza dolce, diventa impegnativa e poi molto dura, con una pendenza vicina al quindici percento... "Mantieniti sotto agli undici all'ora..." mi ammonisce Fabri.. certo, anche sotto ai dieci, ai nove... Sorrido ad un gatto a bordo strada... Pedalo, pedalo e so di non potercela fare, la strada si impenna davanti a me, i muscoli si tendono e mi sento le gambe dure come cemento armato, ho speso tutto quello che ho... Mollo.
 Cammino al fianco della mia fida due ruote, respiro, e mi godo i vigneti ormai spogli con i mille colori dell'Autunno... Fabrizio, che al posto delle gambe deve avere un motore sei cilindri, è in cima e mi aspetta scrutando anch'egli il panorama dalla "vetta"...
Belfuggito... è una cascina che si incontra scendendo verso Camporinaldo e che dà il nome ad un tratto di strada (che noi prendiamo in discesa) che presenta una pendenza con un picco massimo a quasi il venti percento... mi abbandono all' asfalto senza  pedalare... è davvero "in piedi" questa strada... supero i settanta all'ora solo con l'inerzia dei miei novanta chili, mi lacrimano gli occhi al vento gelido, la maglietta è una bandiera in balìa degli elementi... Fabrizio mi raggiunge entusiasta, siamo di nuovo in pianura. Decidiamo di "prenderla bassa", di pedalare senza sforzi o altro... il vento contro ci convince ulteriormente sulla scelta fatta... Pedaliamo, saremo a casa fra una trentina di minuti, ci concediamo a Inverno un bicchiere di un vino bianco cancerogeno, gasato con un retrogusto ributtante ma ne ridiamo senza pensieri...
La strada è piana, basta un filo di forza per muovere i pedali...In questa àtona domenica di novembre il traffico è quasi nullo, i corvi gracchiano sulla terra bruna...
Siamo a casa, mia figlia Viola ci saluta scalza dalla porta d'ingresso, mia moglie è intenta a contare i pugni di riso, Fabrizio è già in doccia... Attizzo il fuoco nel caminetto e vi butto una bella brazzà di legna piccola, subito avvolta da una fiamma allegra...
Siamo a tavola, risotto con salsiccia e zafferano, Elisabetta è davvero una strega a fare i risotti, è ottimo e ci concediamo un bel bis, gallina lessata con verdure, mostarda e senape, una bottiglia di Amarone della Valpolicella del 2008, eccellente e poi, una buona dose di relax, sorseggiando un nocino casalingo davanti al caminetto che crepita e manda un bel tepore dal vago sentore natalizio...
Questa è stata la mia prima uscita ciclistica con Fabrizio..., qualcosa in più di quaranta chilometri fra un po' di foschia, vigneti, il fresco e i suoni ovattati dell'Autunno... Sapevo fosse un appassionato di ciclismo e sapevo che avrebbe apprezzato l'itinerario che ho suggerito... E' stata una bellissima domenica, abbiamo parlato molto, ci siamo confrontati, ho scoperto altre sfaccettature del mio grande amico  e ne ho apprezzato per l'ennesima volta la presenza. Appuntamento a sabato, a Vicosoprano.
Ciao!

Lele
Questa è la mia bicicletta da corsa, una vecchietta anni'80... Qualche mese fa un amico mi invitò a riprendere la strada del ciclismo, all'inizio, vuoi gli acciacchi che mi perseguitano, vuoi la mancanza di tempo,  fui un po' restìo, poi ripensai alla mia vecchia bici, regalatami dal mio povero papà circa 25 anni fa, impolverata, ruggine, "telaio" per ragnatele in un angolo del pollaio... Mi misi all'opera e con un gran lavoro di restauro sono riuscito a renderla "nuova". 
Come da foto, se vedete sfrecciare un tricolore con "Lele Besostri 1976" sulla canna obliqua, non potete sbagliare...

martedì 6 novembre 2012

Solo me stesso.
...camminavo con passo inesorabile, calcavo polvere ed orme ormai indecifrabili, incurante, senza volgermi verso quanto percorso, con la mente offuscata dalla rabbia e da un  solo altro pensiero...
 Camminavo da ore nel giorno che moriva, verso un sole sempre più basso, verso un ponente di vette aguzze innevate, nella brezza serotina e più camminavo, più cercavo di mitigare la collera e il ricordo dei silenzi forzati...
 Avanzavo e ad ogni passo aumentavano i dubbi sulla giustezza delle mie azioni ma camminavo senza soluzione di continuità... Il sole era caduto e l'atmosfera si addolciva di suoni lontani e  di profumo di erba bagnata di rugiada... Pensai ai miei bambini, ignari, a casa che mi aspettavano e che impazienti correvano alla finestra ad ogni rumore dall'esterno... I pensieri  mi si mischiarono in un turbine di non più incorrotta decisione...
 Mi fermai davanti al tramonto, dinnanzi ad un orizzonte infinito di colori che arrivavano al nero nel quale già brillavano le stelle, ad una bellissima visione del Mondo... "La vita è una cosa meravigliosa ed è troppo breve per perdere tempo vivendo arrabbiati" dissi bisbigliando... Rimasi per molto tempo immobile e rapito davanti al giorno morente, non pensavo più a quanto accaduto, tutto mi sembrava così lieve ed insignificante, riuscii ad abbozzare un sorriso... Venne il buio, solo un lampo di rosso vergava impercettibilmente una linea remota, da lontano un cane latrava e  un campanile scoccava le ore. I rintocchi, attenuati dal vento che si era rinforzato,  sembravano sempre più lontani, i grilli cantavano alle stelle. 
Mi volsi in silenzio e accorto per non interrompere quella musica, mi volsi di nuovo verso  l’ orizzonte oramai puntinato di luci lontane e ritornai sui miei passi verso casa.

Lele 
(tratto dal mio libro inedito "Solo me stesso")

giovedì 1 novembre 2012

Solitudine
Ci son anche queste giornate
di uggiosa atmosfera bagnata di nuvole
di luce soffusa, quasi avvolgente
di pioggia e di vento
di strade senz' auto e silenzio.

Lele


Autunno 2012


sabato 20 ottobre 2012

Tanja

Tutto è successo molto tempo fa , un gennaio freddo e vuoto.
Da alcune settimane era morto mio padre, la nostra vita aveva in qualche modo ripreso il solito tran tran, era un sabato e stanco morto stavo fumando una sigaretta riponendo i ferri nella rimessa...
Sono stanco davvero, ho tagliato legna tutto il giorno, ho le mani piene di piaghe  con sto freddo dannato. Alice mi ha già chiamato  tre volte per chiedermi cosa voglio fare stasera... vuole andare a Milano, all'Alcatraz..., non ho proprio voglia, mi capirà. Nell'ultimo messaggio l'ho invitata al Pub per una birretta e parlare un po'... Sono  franto, sarei andato a letto subito invece eccomi qui in auto con 'sta nebbia e il ghiaccio... Freddo e nessun parcheggio... lascerò la macchina al Cimitero e mi farò questo mezzo chilometro a piedi. Cammino, l'erba scricchiola sotto i miei piedi, la nebbia è una cosa solida davanti a me..." Lele! Sei tu?" una voce dal gruppo di là dalla strada,  trasalisco "Si, sono io..."... "Alice è andata a Milano con Gianluca, ha detto di chiamarla domani"..."Ok"...
 Le avevo chiesto di venire al Pub, avremmo parlato un po' e poi magari saremmo potuti uscire e... Ma vaffanculo. Gianluca è il suo ex, non credo troppo ex, comunque... sono davanti al Pub, una media me la bevo, poi vado a casa a dormire... 
Locale pieno... ecco però Andrea che si sbraccia là in fondo... "Ciao","ciao", "lei è (non mi ricordo il nome) lei è Tanja, sono sorelle, abitano vicine a me." "Alice?" "Stasera non è uscita". Beviamo, vado a Guinnes, una pinta, due, tre, è ora di un Bushmills... bella musica,  sigarette e chiacchiere, neanche troppo spiacevoli, ma cazzo, Alice è a Milano... stiamo insieme da poco, si però, trattarmi  così... 
"Vieni a Piacenza?"" No raga, sono stanco morto, bevo ancora un coso e vado a casa...Alice è a Milano con il suo ex... all' Alcatraz, non sono in vena, vado a casa e basta"... "Beh, dai un passaggio a Tanja allora, va a casa anche lei..." "Ok". Esterno, notte, vento, nebbia dissolta, freddo polare... apro cavallerescamente la porta dell'auto a Tanja che apprezza e  mi sorride... si, vabbè è una Punto, però bella pulita e comoda, non sfigura affatto... riscaldamento a palla, radio appena udibile e 'sta Tanja qui che non è affatto male, ha una bella chiacchiera, è carina e mi guarda sorridente... "Vuoi vedere un bel posto?" mi dice.. "Ok" e muovo il mezzo verso la statale seguendo le sue indicazioni... guido piano, You got it di Roy Orbison rompe il silenzio ed accompagna il battito del motore... dalla nebbia che c'era, ora è proprio una bella notte limpida... "Ecco. Lì a sinistra!"... Saliamo, la strada è  ora sterrata ma abbastanza agevole... dovremmo essere in cima ad un colle, vedo un orizzonte lontanissimo di luci e stelle e montagne, impensabile qualche ora prima... Mi fermo, spengo il motore e mi volto verso di lei, i suoi occhi azzurri brillano, mi sorride, vedo scintillare i denti, parliamo, parliamo e ridiamo, Alice è lontana anni luce, un'entità astratta remota e insignificante... Mi prende la mano e mi accrezza le dita dolcemente, reclina il capo "cazzo" penso, ci stiamo baciando... Un bacio non proprio casto però non violento o voluttuoso, un bacio da brividi sulla schiena... apro gli occhi, mi stacco... "E' bellissimo"! dico estasiato guardando il cielo... lo guarda anche lei, sorride... "sei il primo che vede le stelle... che guarda anche fuori dal tangibile..." Le do una carezza sulla guancia, ci baciamo ancora,  con meno timidezza... lestamente ma con delicatezza abbasso un po' i sedili... ci baciamo e ci accarezziamo, restando ovviamente un po' guardinghi... Parliamo ed è un discorrere sorridendo, senza pensieri... bello! Sto bene, davvero. E' tardi, veramente, dobbiamo tornare a casa... Sono stanco, mi si chiudono gli occhi ma sorrido... accompagno a casa Tanja che nel frattempo mi ha lasciato il numero di cellulare e "si fa uno squillo" per il mio...
Sono a letto, la stufa crepita, sono passate le quattro, fa freddo e sono ancora un po' ubriaco per le birre e il whisky ed ebbro per la serata passata con Tanja... Sogno. Sogno di tagliare legna ed alberi che germogliano e neve, stagioni che cambiano ed erba che cresce ed un frastuono d'inferno di campane e bicchieri e bottiglie in frantumi, mi sveglio... suonano davvero le campane, è mezzogiorno, domenica. Sono a letto cercando di capire qualcosa riguardo al trascorso... "No,No cazzo!" "Mio Dio, cosa ho fatto!" Mi dispero... mi sento come Robert Lewis, comandante dell'Enola Gay mentre guarda gli effetti di Little Boy appena esplosa nel cielo di Hiroshima... "Ma che cazzo ho fatto!" E Alice? No! Ho fatto una cazzata, povera Alice... mi ha trattato un po' così ma resta sempre la mia tipa..."devo chiamarla subito...
"There is a house in New Orleans..." mi suona il telefono, inconfondibile melodia degli Animals "TANJA CELL"... "Pronto, ciao", "ciaoooo" (lei)... "ascolta, adesso non posso parlare però se vuoi vengo da te questo pomeriggio, devo parlarti..."..." anch'io devo parlarti" mi risponde raggiante... "Bello ieri sera, veramente... dai, ti aspetto davanti casa alle quattro!" Bacio"...
"Che cazzata ho fatto, sono troppo un pirla" continuo a ripetermi... ed eccomi davanti a lei... sale in auto e fa per baciarmi... mi chino a raccogliere una sigaretta... "Che bello ieri sera, sono stata benissimo, belle parole, bella serata... bei bacini!!!! Bello, bello, bello! Come sto bene con te, Lele! "Ecco, continua a dirmi tutto il bene del mondo, mi sento una merda... fra un minuto devo scaricarla e spiegarle che sono già impegnato, che è stato uno sbaglio, che ero ubriaco, che, che, che..."
Non so cosa le dissi, non ricordo, non voglio ricordarlo... Ho in mente solo quattro sue parole "E' il mio destino" e due lacrime  che solcano il suo viso, la sua pelle bianca,  una ciocca di capelli biondi che era scesa sulla fronte e i suoi occhioni azzurri  velati di pianto...
Era un sereno e gelido pomeriggio di gennaio, l'aria limpida e pulita... là lontano il Monte Rosa ammantato di neve, opposto ad un azzurro Appennino... tutto coronato da un cielo terso quasi primaverile...
Alice mi chiamò la stessa sera, dicendomi di essersi rimessa con Gianluca, che lui era in grado di capirla, che era il ragazzo giusto...e un sacco di altre cose... io assente aspettavo soltanto la fine della telefonata, provando indifferenza conla mente occupata solo da  Tanja singhiozzante con gli occhi lucidi che scrolla il capo.
Sono passati anni, quello che è successo mi fa pensare ancora oggi... chissà dov'è Tanja, e Alice? e Andrea? Chissà se riesco ancora a trovare quella stradina che porta in cima al colle... L'altro giorno ero in giro in bici da corsa, il casuale passaggio davanti al Pub, a Miradolo Terme, mi ha spronato a scrivere questo breve racconto di vissuto... Ciao.
Lele

Roy Orbison - You Got It

giovedì 18 ottobre 2012

 In questo momento

Odio chi fa di tutte le erbe un fascio, odio chi prende posizione perchè qualcun'altro ha preso posizione, odio chi vive di frasi fatte, odio chi si reputa bravo in tutto e perciò in grado di criticare tutto, odio chi non arriva alla reale causa del male e incolpa qualcuno o qualcosa di marginale, odio chi non possiede una personalità così da poterla pensare ogni tanto "fuori dal gregge", odio chi urla "ladro" e poi sotto sotto non ha da proporre alternative o vive dei frutti delle "ruberìe". Odio. In questo momento amo solo la mia famiglia, i miei veri amici, e i miei "luoghi sacri".

Lele

lunedì 8 ottobre 2012

Vento d'Autunno

Triste vento
che mi porti sapori di sole passato e di calde giornate,
di alberi verdi e di azzurre colline lontane
Sento il tuo dolce stormire fra le fronde ormai spoglie,
fra sterpi bagnati di bruma e di fresca rugiada
Ricordo... e già sei passato a portare fragranze remote
di erba tagliata e canti di uccelli che ormai son finiti
Solo il silenzio e là di lontano un fioco rintocco
e il sole che cade laggiù nel Ponente e dopo più niente...

Lele
(scritta nell'ottobre 2005)



giovedì 4 ottobre 2012

Autunno

Anche se inizieranno a cadere le foglie, 
il cielo a tingersi di azzurro e poi di nuvole,
anche se il vento passerà sempre più freddo fra i rami nudi 
e la brina renderà cristallo l'ombra dei vicoli... 
Il mio pensiero sarà sempre fra queste pietre, 
nel silenzio di un giorno qualsiasi...
Lele 
(scritta nel settembre 2012)



martedì 18 settembre 2012


Incontro nel bosco

Adoro il bosco, adoro tutto ciò che è natura, solitudine, silenzio, alberi, muschio, ombra... Adoro camminare nelle foglie ed ascoltare il rumore dei miei passi...
Il paese è già alle mie spalle, sono gli ultimi scampoli di un'estate calda, c'è tiepido, anche se è l'alba ed il tutto è ancora avvolto dalla foschia mattutina. Cammino. Il sentiero è ben pulito, posso forzare il passo, mi piacerebbe vedere se riesco ancora ad arrivare alla Bocca della Selva in diciotto minuti. Qualche anno fa feci questa prova. Essendo che sulla segnaletica da noi posata abbiamo stimato, in passeggiata, una trentina di minuti (partendo dalla Cima di Vicosoprano), ho voluto misurarne il tempo procedendo senza divagazioni e "di fretta"... ebbene, diciotto minuti di fatica e soddisfazione...
Fiatone, non indugio a guardarmi intorno o a stringere questo maledetto scarpone allentatosi... fiatone ma sto bene, le gambe stanno ancora meglio... Bivio per Pescin, otto minuti al cronometro...  "Bocca della Selva 20 min" dice il cartello, ce ne devo mettere dieci per starci, proseguo.
Fine del sentiero delle Ciappelle, mi resta un patrimonio di cinque minuti, via quasi di corsa tenendo la macchia fotografica  e la felpa ancorate ad un braccio... Arrivo alla Bocca, vedo verde, respiro come se stessi affogando... guardo il cronometro: 16:40!!!! Sorrido, sempre "sbanfando", mi accovaccio, guardo la terra bruna... "come il vino... invecchio e miglioro! sorrido di nuovo alle nuvole e alla Valle ancora addormentata...
Mi riassetto, ora inizia la passeggiata  tranquilla e perchè no, se dovessi trovare qualche fungo...
Cammino sulla carrabile, sono quasi alle "Due Strade", mi butto nel bosco verso la vetta dell'Oramara.
Cammino, il bastone mi aiuta, il bosco è abbastanza ripido e scivoloso e lì davanti un  pianoro per un attimo di riposo. Le foglie mosse dai miei passi mandano un bel profumo di umido, vagamente fungino ed eccomi sul piano... passi nel bosco, mi sporgo verso il basso... Oddio!... mi irrigidisco, non mi ha sentito, sono sottovento. Un cinghiale di un'ottantina di chili mi guarda immobile... guardo lui e con un movimento impercettibile porto davanti la Reflex e giro su ON, quasi stessi caricando un Beretta 70/90 d'assalto. Mi sembra di essere Rigoni-Stern ne "Il Sergente nella neve", quando, entrando in un'isba nella steppa russa si trova davanti mezza dozzina di soldati nemici... tutti muti e immobili... Scatto una salva di foto, non sono convinto del risultato e il bestio è ancora lì davanti... Mi immagino un corpo a corpo cruentissimo, mi immagino il trofeo di caccia sulle mie spalle insanguinate  e la gente di Vicosoprano che mi porta in trionfo... Chissà perchè poi, sono quasi anti-caccia! Rinvengo dal sogno, il cinghiale è sparito, silenzioso e volatile,  in barba alla sua mole e ai suoi modi non proprio leggiadri, lasciandomi sbigottito...  Però! e  sorrido all'incontro, ricordandomi anche di aver avuto una  paura folle.
Proseguo nel bosco, scendo per incontrare la strada consortile e ritornare in paese, ripenso al quadrupede e alla grama vita che lo aspetta, fra cacciatori, fughe frenetiche con i cani che lo incalzano, freddo, neve e magari piccoli cui portare cibo e protezione...
La mattina volge al termine, ho ancora il tempo di fotografare un grosso rospo mimetizzato fra le foglie dei faggi e di cogliere un bel porcinetto sodo come un sasso...
Cammino per il sentiero calcato qualche ora prima, l'auto mi aspetta, si stanno svegliando le attività nella valle... un clacson lontano... punto il 300mm: ad Ascona fuma qualche comignolo... Buongiorno Mondo!
Lele

domenica 16 settembre 2012

Vicosoprano, un giorno di primavera

Vico...
(Scritto da Lorenza che ospito molto volentieri su questo mio spazio)

Non ricordo la prima volta che misi piede a Vico...
Ho in mente solo il viaggio, lunghissimo, mi sembrava interminabile e per di più, con varie soste perchè io o qualcun'altro dovevamo sendere dall'auto per vomitare.
Una delle tipiche fermate avveniva sullo spiazzo in cima al monte, la Forcella... dopo innumerevoli curve, arrivava quella con la casetta con la Madonnina e capivo di essere troppo in là per tornare indietro. Non mi lamentavo, dentro di me maledivo il posto in cui stavamo andando, mi domandavo perchè mi portassero via dal "mio mare". D'estate si sta al mare, non si va in montagna... ignoravo che su quei monti avrei trovato il "mio" Vico...
E poi il flash del cartello, non sapevo ancora leggere, ma quelle lettere messe così, a formare quel nome strano, mi sono rimaste subito impresse nella mente.
Probabilmente le mie prime estati passate a Vico sono vuote di avvenimenti o aneddoti perchè, così piccola, passeggiavo sempre con un adulto o mi tenevano in casa... ora capisco!
Mi volevano proteggere, forse non volevano che mi affezionassi troppo a quel luogo, forse i miei genitori, gli agosti successivi avrebbero voluto trascorrere le loro ferie da un'altra parte (come quando mi hanno portata a Livigno invece di stare a Vico... vuoi mettere? Imparagonabile) e ci sarei stata troppo male.
Fatto stà che se porti un bimbo a Vico un estate... ci vorrà sempre ritornare!
All'inizio ci volevo tronare per le amichette. Le avrei trovate ad aspettarmi in piazza, altrimenti, buttata la valigia sul letto, sarei corsa a chiamarle a casa, non usando il campanello, bensì gridando il loro nome dalla strada... Com'era liberatorio ed elettrizzante ogni volta!
Quelli sono stati gli anni in cui giocavo davanti a casa, a Pravilla, e nelle viette del paese. Avevo paura delle galline di Giose e della Giromina che le faceva sempre svolazzare con il bastone; adoravo guardare mungere le mucche e sentire il profumo del latte ancora caldo. Potevamo stare tutto il pomeriggio su una scalinata di pietra; con qualsiasi cosa cosa, riuscivamo a fantasticare. Sono state le estati più gioiose e mi rattristava tornare a casa...
Da adolescente ci volevo tornare per la libertà che solo li avevo e per gli "amori".
Spesso ci arrivavo in corriera, forse credo di aver preso  una delle ultime che da Rezzo ti portava a Vico e che ti lasciava nelle narici il profumo del pane destinato al negozio. In Campolungo sentivo il cuore battere più forte e scommettevo con me stessa su quale persona avrei incontrato per prima.
I ricordi più intensi fanno parte di questo periodo; "scappavo" dalla città per qualsiasi festività, appena c'erano vacanze scolastiche pensavo all' organizzazione per salire a Vico o a come chiederlo ai miei...
L'unico giorno segnato in rosso sul calendario che stavo a casa con loro era Natale... Capodanno, Befana, Pasqua, ai santi... dopo pianti snervanti alla fine mi lasciavano sempre partire.
Ho visto Vico in tutte le stagioni ma ero troppo giovane per soffermarmi ad ammirare i colori; c'era sempre qualcosa da fare, battaglie a palle di neve, a piedi in Pescin per un torneo o una "ciappata" in Pian Sejun...
poi sono venuti gli anni delle prime cotte... Dai! Non ditemi che andavate alla "Cappe " di notte solo per guardare le stelle, mangiucchiare shifezze e spegnere il lampione...
Sapevamo di vederci poche volte l'anno; vivevamo tutto più intensamente, con l'istinto e la follia della nostra età; ci si credeva, forse troppo ma è grazie a quel troppo che siamo rimasti così legati...
Magari non ci si sentiva per mesi ma dopo le prime frasi tipiche: "Come stai? - Quanto ti fermi?" erano gli occhi e i sorrisi a parlare. Il silenzio dell' inverno svaniva e sembrava non ci fossimo mai salutati a settembre dell'anno prima.
Terminata la scuola sarei stata più libera, avrei avuto meno problemi e costrizioni per tornare in quel paese magico, ma qualcosa stava cambiando. Crescendo si prendono strade diverse e ogni anno che passava incontravo sempre meno amici. Colpa del lavoro, dei fidanzati gelosi e della voglia di scoprire posti nuovi... In tanti hanno smesso di tornare a Vico ed io, troppe volte, ho desiderato di tornare bambina.
Oggi? Vico? Credo sia la mia salvezza! Un rifugio un posto lontano dove i cinque sensi si riattivano, dove l'anima smette di fare a pugni con il cuore e si riposa sdraiata su fili d'erba. Mi piace immaginarlo dentro ad una sfera di vetro, quelle che scuoti e si muove la neve, con una porta segreta che pochi conoscono, per entrarvi.
Ora a Vico ci ritorno per me stessa, per il paese, per non lasciarlo solo. Da "grande" le visuali cambiano, le priorità diventano altre... forse un po' egoisticamente non ho mai messo Vico dietro a qualcosa o a qualcuno...
Adesso il cuore inizia a sussultarmi già al bivio, sul ponte dell'Aveto e da lì in poi, il piede preme di più sull'acceleratore... Riesco a vedere i suoi colori... Sorrido passando la curva dove prima c'era il cartello e qualcuno anni fa vi si attaccava e faceva "il vento"... Non impazzirò più per trovare parcheggio, in piazza c'è sempre posto.
Arrivo che il paese sembra deserto, un silenzio surreale mi accompagna verso casa, ho il fiatone ma non per la stanchezza... Senza rendermene conto i miei passi diventano qusi saltelli, coe per schivare qualcosa, è un'abitudine, lo faccio sempre quando passo davanto alla stalla... da ragazzina saltellavo per evitare le cacche delle galline.
Varcata la soglia mi sento più giovane, libera, leggera. Ho voglia di ascoltare, chiacchierare, domandare, sedermi sulla panchetta della cucina con il tepore della stufa e ridacchiare con chi vedo solo li... So esattamente quale quadretto o fotografia troverò sulle pareti, dove sono attaccate le forbici e di che colore è la fodera del cuscino sulla panca. I miei occhi percorrono tutta la stanza, quasi a controllare che tutto sia al suo posto, che nulla sia cambiato. Prima arrivavo in casa e uscivo subito, come se il tempo per stare con gli amici non fosse mai troppo, ora sono più le volte che piombo a Vico quando non c'è quasi nessuno. E' in questp presente che mi godo davvero tutto ciò che di naturale, "banale" e vivo mi dà il paese.
Come in un percorso, con discese e salite, con rifiuti, eccessi e delusioni, sono cresciuta assaporando qusi ogni suo gusto, vibrando con lui e commuovendomi ad ogni alba e tramonto.
...Lascio il borsone in macchina, è una giornata stupenda, il sole si stà nascondendo tra i monti accentuando ancor di più il loro morbido profilo: resterei per sempre!
Quante volte ho desiderato un imprevisto, un guasto all' auto, una nevicata... qualcosa che mi trattenesse ancorsa qua.
Prolungo l'ennesimo "arrivederci" e mi dirigo verso Pacosta, incontro solo due gatti, miagolano, avranno fame ma preferisco pensare che mi stiano dicendo di tornare presto... un malinconico sorriso si stampa sul mio viso. Nel tratto rettilineo prima di arrivare a Pacosta, dove non ci sono case e solo il verde ti abbraccia, rivedo i sorrisi, le corse, le candele accese, agli abbracci, i pianti, gli spaventi... quante "fotografie" possiede nell'anima un essere umano?
Mi siedo sulla panchina di pietra, accendo una sigaretta, guardo verso la forestale e poi verso la salita che porta in cima al paese, un tiro, un altro, mi dico:" finito di fumare, vado!" Mi avvicino alla ringhiera e osservo con cura ogni cosa, fin giù, dove c'è chi riposa e ci osserva...
E' durata troppo poco questa sigaretta... Torno indietro, un ultimo saluto ai miei monti dalla piazza e accendo l'auto.
Ciao Vico! Torno da te al più presto.

Ringrazio nuovamente Lorenza per questo scritto. Il fatto che mi è stato consegnato in copia cartacea e manoscritto mi ha reso doppiamente felice. Con Lorenza, almeno quindici anni fa, mi intrattenevo con una fitta corrispondenza. Che bello era il  trovare la sua lettera nella cassetta della posta... in questi giorni ho riassaporato qualcosa di antico, qualcosa che mi ha fatto sorridere e riflettere sui ritmi frenetici ai quali siamo abituati che spesso rendono sterili i sentimenti che comunque proviamo.
Lele

martedì 11 settembre 2012

Anche questa volta
Anche questa volta è finita.
E' finita all'improvviso frangendosi nei saluti e nelle strette di mano fugaci, nei sorrisi malinconici, nell'ultimo sguardo ai monti immobili battuti dal vento d'autunno e dal triste sole del pomeriggio.
 E' finita, e resta il ricordo dei visi incontrati, delle battute, delle serate, delle nuvole e dell'ultimo bicchiere vuotato...
E' finita e mi sovviene quell'Uomo sorridente che si avvicina porgendomi la mano, Silvano, incontrato dopo anni e ritrovato amico e riferimento per qualche piccolo sfogo o qualche parola...
E' finita, me ne accorgo ed Elisabetta mi carezza la mano che stringe il volante nervosa,  la strada di casa si accorcia, e là sopra il mio Vico ormai spoglio  ci guarda e si nasconde per sempre dietro la Luga...
L'asfalto ormai corre e poi gallerie e discesa e l'Aveto, poi Trebbia, e l'Eridano, il caldo e Pianura e poi casa. Finita.
Lele
( 9 settembre 2012)

lunedì 25 giugno 2012

I Sardi, che gente!
Torre d'Arese, sabato pomeriggio. Silenzio rotto dal fruscìo del climatizzatore e dal russare di Viola. Riccardo dorme accanto a me, mi tiene un dito e respira fra le pieghe delle lenzuola... Rai Movie. Un Western mai visto di due strani tizi che intraprendono un viaggio impossibile... trovo analogie con un episodio di Tex letto qualche ora prima... E' ora. Elisabetta  ci sprona. Dai, dai! Simo e Sabry ci aspettano! Dai! Ci svegliamo del tutto, qualche protesta di Riccardo che inguaribile pigrone avrebbe continuato la siesta...  poi via, verso Pavia.
Università di Pavia, Museo della Storia dell'Università. Scorriamo le teche fra peni imbalsamati, uteri cancerosi, feti abnormi, scheletri, teschi, macchinari  e strumenti chirurgici da far accapponare la pelle... ovunque odore di formalina e alcool, la testa di Antonio Scarpa  ci guardia sorniona sotto liquido in un vaso sopra  un' architrave... Bella visita, ne usciamo arricchiti.  Piazza Grande, Viola sorride al mondo, Riccardo, acuto osservatore, fa notare un lampione a cui manca una lampadina, Sabrina e Simone, cugini di Elisabetta ( e gelosamente dico anche miei!) seguono... visita ad una non meglio definita mostra di arte contemporanea, aperitivo al "Loft" e poi via, in preparazione alla serata al circolo "Logudoro".
Sera, caldo afoso, odore di gomme calde, di scappamento e asfalto rovente... i bimbi dai nonni, una piccola fetta di libertà...Elisabetta mi "da la mano", ci avviamo verso il Circolo. "Stasera pasta alle sarde e purceddu"... Poca gente, è presto. Per rompere il ghiaccio ordino all'istante una bottiglia di birra Ichnusa ghiacciata.. due bicchieri e una panchina un po' appartata... Un eclettico cantante si esibisce al karaoke, un brano di Elvis, con grande successo fra le oramai sessantenni ragazze presenti. Birra. Ne ho già ordinata un'altra, fresca, quello che ci vuole. Siamo un po' al centro dell' attenzione... Chi sono questi due? Qualche sorriso. Gianni, (credo sia un po' il factotum del circolo) timidamente si avvicina... "Buona la birra?".. "oh si! grazie" abbozzo io sorridendo e... "dove hai il bicchiere?" me lo porge e glielo riempio... penso sia stata la chiave giusta per aprire la porta. Da lì a poco (avendoci raggiunti anche Sabrina, Simone e altre persone che non conosco ma che nell'immediato diventano "di famiglia") il tavolo si riempie di bottiglie, piatti e bicchieri e musica nell'aria... Pierangelo Bertoli   la fa da padrone...  ma anche Celentano e Mina non scherzano...mi getto io stesso in un "Azzurro" fra battimani e un tifo quasi da stadio.  "Tutto bene?" serve qualcosa?, Birra?  è il ritornello del "Gianni" di turno e giù un'altra bottiglia! Mi sembra di essere a casa.
Pasta, bistecche di maiale, salamelle, birra, vino, caffè, grappino, compagnia, canzoni, strette di mano, sorrisi... bella compagnia.
La serata è giunta al termine, è tardi e  i bimbi ancora da "ritirare" dai nonni. Siamo stanchi e il caldo non accenna a lasciare spazio al fresco della sera...Gianni quasi commosso  ci accompagna al cancello fra i "ci vediamo presto" e i "tornate mi raccomando"... Che serata! "Che serata!" ci ripetiamo Elisabetta ed io  mentre l'auto ci riporta a Torre d'Arese... "Che accoglienza!" mi dico contento...  Qualche lucciola fende il nero dei campi, un quarto di Luna si fa spazio fra una nube solitaria, ripenso a Gianni, alla serata..."I Sardi, che gente!"e sorrido.

Lele

sabato 9 giugno 2012

Spinòn
Tutto è successo una trentina d'anni fa, una rovente giornata d'estate.
Sole, caldo, silenzio. Solo due rondini in volo radente hanno rotto l'immobilità della Piazza dando vita ad un quadro astratto e tremolante. Caldo e noia. Stavamo sui gradini della Chiesa, sul fresco granito dei gradini che portano al Sagrato, fermi. Ozio e mosche, poca voglia di fare, troppo caldo, troppo veramente. Voci di uomini, si sente cantare, una canzone  appunto un po' sporca:  La mamma di Rosina era gelosa bim bum bam!... e risate e rumore di bicchieri dall'osteria della via Magherno, "qualcuno vivo c'è allora", ci alziamo a dare un'occhiata. una Fiat 124 verdina, due motorini, una bicicletta proprio davanti e ancora rumore di bicchieri e risate...
La noia, quale cattiva consigliera... Perchè non nascondiamo il motorino a Spinòn? Qualcuno aveva parlato, gli occhi di tutti si sono illuminati. In brevissimo: uno dentro a comprare un ghiacciolo con la colletta per inquadrare la situazione, uno sulla porta, e due (uno in sella ed uno a spingere) incaricati di far "sparire" il ciclomotore... Tutto architettato e messo in opera, in qualche secondo.
Chi è Spinòn? O meglio, chi era? Già, sarà morto anche lui, povero Spinòn...
In ogni villaggio che si rispetti, esiste sempre un 'osteria, una mescita vino o qualcosa del genere. A Torre d'Arese, all' epoca dei fatti raccontati c'era il Bar Mimmo (nel quale non potevamo mettere piede eccezion fatta per il rapido acquisto di un gelato o una bibita) e l'Osteria Massagalli, ove Maria, instancabile ostessa, per una vita, ha accontentato le alcooliche brame di generazioni e dove noi bambini/ragazzi potevamo acquistare con calma un gelato e bere una "spuma" in bicchiere stando seduti.
L'Osteria di Maria è stata il "covo" dei più famosi bevitori dei dintorni fra questi "Amleto" (si chiamava davvero così) sempre impeccabile con una lucida 124 verdina, "Bartali" con una scoppiettante motocicletta da 75 di cilindata, NonnoCiò (storpiatura di "non lo so"), burbero ma con un grande cuore, Pasqualino, un sardo, grande muratore, sempre allegro e appunto Spinòn. Non so come si chiamasse davvero, lo chiamavano tutti così. Una specie di "Graziella" a motore con il parabrezza, chiazzato di vino a fine giornata, sempre rosso come la brace. Mi faceva paura ma non avrebbe fatto male ad una mosca; lo evitavo. Ogni volta che entravo in osteria per un ghiacciolo o per l'acquisto delle sigarette per mio padre, e lo inquadravo, tenevo lo sguardo al pavimento e, una volta sulla porta per uscire, via!
Quel giorno Spinòn si sarebbe arrabbiato e noi avremmo avuto modo di goderci la scena e di ridere come dei matti alle sue spalle...
Il tardo pomeriggio, movimento davanti all' Osteria... "Escono escono!" la nostra "vedetta" diede l'allarme, ci appostammo...
Erano ciucchi e uno di loro stava ancora canticchiando... Amleto sempre impeccabile, aveva un ghigno a mezza bocca, come una specie di paralisi, NonnoCiò dormiva sulle sedie appena fuori dal locale, Bartali, uscendo, bestemmiò e sputò in mezzo alla strada, accese la fumosa motoretta e partì gambe in spalla... Spinòn, uscì e si mise ad orinare contro il muro di fronte, noncurante di una donna che a qualche metro stava stendendo i panni... si voltò e "indè cl'è al me muturin? (dov'è il mio motorino?)
 Iniziammo a darci gomitate e fuggimmo dietro ad un angolo per poter ridere in santa pace...
Lo scherzo era finito, che ridere! Adesso Spinòn va casa a piedi!! Ciucco com'è!! Ha ha ha!. continuavamo a raccontarci storie su di lui, inventando possibili varianti sulla conclusione della vicenda.. sempre ridendo.
Il pomeriggio volgeva al termine, rimaneva un ora e mezza circa prima della cena e, dato che il caldo aveva dato un po' tregua decidemmo di andare a pescare, noncuranti dello Spinòn.
Pesca proficua, un centinaio di alborelle, ottime da friggere, ottime da mettere in carpione "ma si, le diamo a Carla e Mina, loro ci danno sempre la mancia..." e così fu. Ci congedammo, era ora di cena , era già passato il pullman "SILA" delle sette meno dieci da Milano... transitavo ora davanti all'Osteria e lì davanti, seduto sul marciapiede Spinòn. Piangeva. Piangeva in silenzio e le lacrime rigavano le gote rosse e rendevano nebbia gli occhi azzurri... Piangeva e scoteva il capo. Pedalavo e non riuscivo a staccare gli occhi da lui. Mi fermai , sbigottito, colpevole, pentito che a momenti scoppiavo a piangere che già singhiozzavo. Povero Spinòn. Provai una pena indescrivibile, per lui e per me. Ero pentito e quanto mai amareggiato "e ridevamo come degli stupidi" continuavo a dirmi...
Poggiai la mia fiammante "Bonfanti" da "sport" al muro, mi avvicinai.  Spinòn non mi faceva più paura, avrei voluto abbracciarlo... mi avvicinai ancora e con un filo di voce dissi: "Signore, il tuo motorino è dietro la Chiesa, vicino alla pompa dell' acqua del Filippo..." Mi guardò, quasi mi sorrise, benchè con i postumi di una colossale sbronza (era così quotidianamente), si alzò. Lo accompagnai verso via Chiesa, pari a lui, e una volta lì indicai il motorino, rovente al sole della corte... Silenzio. Voltai le spalle e me ne andai, ancora scosso. Sentii il motorino accendersi e qualche buona sgasata "di collaudo", ero davanti alla Chiesa, per raggiungere la mia bici... Spinòn mi stava sorpassando ma rallentava, rallentava e mi fu  a pari, frugava in tasca... Istintivamente mi allontanai di un passo... "toh, bravo bambino"disse , mi stava porgendo qualcosa chiuso nel pugno... allungai la mano e sentii la sua manona ruvida che lasciava cadere qualcosa nella mia aperta, carta o qualcosa del genere... Riprese ad accelerare, il fumo bluastro dello scappamento mi fece bruciare gli occhi... aprii la mano... erano diecimila lire, unte e bisunte, tutte piegate ma diecimila lire. Ehi! No! Torni qui! urlai al vento e di corsa inforcai la bicicletta...
Pedalavo come un matto, dovevo raggiungere Spinòn per restituire la banconota...  ce l'avrei fatta se solo avessi avuto tempo (ero velocissimo e molto resistente in "volata")...Lo vidi oramai lontano, là, nel blù del fumo del motorino, irraggiungibile. Mollai i pedali, avevo il fiatone e dovevo correre a casa a cenare... Il sole oramai scendeva, la vita era tornata in paese, due cani si contendevano un osso di fianco al Monumento ai Caduti... 
La mamma di Rosina era gelosa bim bum bam!...
Lele

sabato 26 maggio 2012

Una sera di fine Luglio

Caldo. Un caldo opprimente e umido. Sono ubriaco, fradicio.
Sono uscito solo a prendere le sigarette, poi un caffè, l'incontro con l'Ale e con Andrea,  un cicchetto, due, una birretta e poi fra una chiacchiera e l'altra abbiamo deciso di andare al paese vicino, alla festa... E lì birra, fiumi e un giro di vino e poi un panino con la porchetta e ancora vino e birra e musica, rumore, odore di patatine fritte e carne alla griglia, odore di Autan e sudore...Mi ricordo di aver anche ballato un valzer, mi sembra con la Rosanna ma boh...
Sono ubriaco, ne sono consapevole e non voglio fare cazzate... ma Dio, Dio se gira questa stanza... e caldo. Mi arrivano lampi di caldo alla testa, sono sudato e tutto gira... Da fuori solo i grilli e qualche sparuto rapace e tic, tic, tic... si è messo a piovere... L'è tùta caldana, dicono qui quando dopo il caldo l'umidità condensa e sembra pioggia... non riesco a stare a letto, non in questo stato. Mi infilo dei pantaloni corti e una maglietta, barcollo giù dalle scale ed esco... fresco. Dall'asfalto caldo sbuffi di vapore, leggera foschia nell'aria...
Piove, è acqua tiepida ma tutto sommato piacevole, respiro...
Via Magherno n°8, abito qui. "Perchè a Torre d'Arese c'è Via Magherno e a Magherno non c'è Via Torre d'Arese? Mah!" Strada deserta, silenzio, niente grilli, solo pioggia leggera, sono bagnato e ahh! Ora va meglio!... avevo le ciabatte destra e sinistra invertite... Cammino in mezzo alla strada cercando le pozzanghere... fresco.
Ma che pirla! pirla, pirla, pirla... Pirla! perchè ho bevuto così tanto? Perchè sono uscito? Perchè ho dato retta all'Alessandro? Pirla. Mi viene da vomitare. Dovrei magari vomitare per stare meglio...
Arriva una macchina, vado sul marciapiede e finisco contro una rete metallica e sento uno sfasciume di rami  e foglie... mi aggrappo a qualcosa per non cadere ma  che male diobono! Sono i Carabinieri, mi passano a mezzo metro con giù il finestrino e mi guardano, mi riconoscono, conoscono tutti nei paesi..."Tutto bene?"... "Si tutto bene, vado a pescare"...si allontanano senza alzare il finestrino, piove... sono  Carabinieri... Il braccio mi duole, tocco e sento caldo... cazzo!... Lo spina-christi del Pietro!  "Mi sono graffiato tutto, cazzo, sanguino...", piove.
Piazza Roma...  "a Roma non c'è Piazza Torre d'Arese questo è sicuro... ma  ci sono dei ciucchi come me in giro, anche questo è sicuro...".  Deserto, nessuna macchina parcheggiata, un gatto grigio mi attraversa davanti e si ferma a guardarmi. "Cazzo fai in giro, pirla" sembra dirmi socchiudendo gli occhi... Cammino zigzagando... e dove cazzo vado? Mi sto riprendendo però... e sete. La fontanella è lì, che gocciola... ahh, fresca, quasi buona... bevo fino al fastidio... Riprendo la passeggiata, suonano le quattro e mezza. Il camion del latte, un OM fumoso e ferragliante, esce dal vicolo laterale della Chiesa. Verso Villanterio un chiarore lontanissimo e rossastro preannuncia un'alba bagnata... cammino, piove. Sono sulla via per il Cimitero, alle "case nuove"... silenzio. Una luce accesa, una finestra aperta, una ragazza in intimo e noncurante sta preparando una valigia... però!  Proseguo, là lontano il Cimitero, tremolante di mille lucine... inizia a schiarire e non piove più... Sto meglio ma sono spossato, barcollo ma più per abitudine oramai... Probabilmente posso andare a sdraiarmi... ritorno... cammino in silenzio. La luce dalla ragazza è spenta e sento accendersi un motore di utilitaria... "Mi sa che la tipa parte per le ferie... chissà dove va". La Piazza... è appena passata la Corriera "Migliavacca" delle cinque e venticinque, sento l'odore dello scappamento e in sottofondo il suono cupo dell'otto cilindri Iveco... Lascio la Piazza ed imbocco via Magherno, in fondo tremolano luci di Appennino, posso distinguere i barlumi dei tralicci sulla vetta del Monte Penice, davvero lontani. Cammino sul marciapiede, guardingo verso l'immobile spina-christi, mi guardo il braccio ferito e sorrido... Eccomi a casa... entro in giardino cauto... sono a casa solo... i miei genitori e Gigi sono a Vicosoprano, sono padrone del mondo... Non trovo la chiave e sono troppo stanco. Sete. Il rubinetto è lontano anni luce ora che sono sdraiato sulla panca sotto al porticato... La vista, anche ad occhi chiusi, si fa torbida, i rumori si mischiano... la mia gatta Musci  si è sdaiata sui miei piedi e la sensazione è per nulla spiacevole... mi "tiro su" un telo mare abbandonato ieri lì per terra...  Il sole stà per sorgere, una leggera brezza mi solletica, un cane lontano saluta il giorno. Buonanotte, Pirla.

 Lele

Era la fine del mese di Luglio dell'anno 1997.




lunedì 21 maggio 2012

  Fabrizio

... tutte le volte che guardo un tramonto mi girano i coglioni... Sergente Nicola Lo Russo (Diego Abatantuono) nel film Mediterraneo.

E' Domenica, mattina molto presto, saranno quasi le sei, non so. Guido ormai da decine di chilometri, la radio è spenta, nessuno in giro, albeggia.
Penso e canticchio qualcosa immedesimandomi nella canzone, ovviamente mi passano anche i Coldplay, De Andrè e qualche canzone della Montagna o Popolare... Curve, guard-rail, alberi, attenzione frana, altri segnali con improbabili limiti di velocità, Campolungo , Salone ed ecco... Vicosoprano.
Nessuno per la strada, guardo l'orologio, le sette appena passate. Pace, qualche camino fuma, qualcuno c'è, Qualche macchina ai bordi della strada.  
Pacosta è un delirio di aghi di pino, di pigne e di erba alta...sulla panchina restano sbiadite frasi d'amore e cuori trafitti, qualcosa anche di mio. Vento, dal mare, tiepido e "saporito", resta a resistere un po' di neve nei canaloni del Penna e del Maggiorasca, resterà ancora per qualche giorno per poi soccombere alla prima pioggia e con lei spariranno le ultime foglie secche e il verde sarà la dominante insieme all'azzurro del cielo e alle nuvole.
Solo. Giro per i vicoli, la canon 550 in spalla, la borsa a tracolla verso la casa di Fabrizio. Oh balengu! t'è ancu in lettu? lo apostrofo entrando nell'aia -Arrivo!- mi sorride in maglietta e occhiali da sole.
Ciao, ci facciamo un giro fino in zimma? Ok. E brandisce come un'arma letale la sua reflex scorrendo la rotellina e togliendo il tappo all' obiettivo.
Una camminata, su per il paese, per il fossato, S.Antonio, la fonte, il bivio Pescin-Bocca della Selva... Tagliamo giù per Pian Sejun fra i fiori di  un prato e il cielo mutevole, ora scuro ora di un bell'azzurro.
Pian Sejun, qualche foto allo Scarrubbio e al casone, una breve divagazione verso la Costa del Lago fra i zeggi oramai pieni di rovi, niente da fare non si avanza, torniamo sui nostri passi e guadagnamo la strada bianca carrabile.
Cremisella, si parla di donne, confidandoci un poco, soli nell'immenso vuoto della Valle dell'Aveto fuori stagione. Siamo ritornati in paese, una bella camminata di un paio d'ore, una bellissima chiacchierata con un grande amico.
Si avvicina il mezzodì, pensiamo di mangiare "in giro", a Cabanne. Sosta obbligatoria all'Americano, un gotto di bianco e uno sguardo al Secolo XIX e poi via, una colossale fiorentina al "Copa-Cabanne"  e chiacchiere, ricordi, battute e qualche parola di vecchie canzoni.
Ci congediamo dalla Piana e via per Priosa e poi La Scoglina e su per Barbagelata; una lapide ci avverte dell' ennesimo eccidio nazi-fascista e poi in picchiata verso la Valtrebbia. Montebruno, piove a secchiate e una capatina a Fontanigorda, dove beviamo una Birra Balladin, veramente ottima. Il Giro d'Italia alla tivù ci mette in mente Pantani e  l'impresa in una tappa con arrivo ad Oropa. Via, ripartiamo;  la scusa è tornare a Gressuan da Ottone, quello che realmente si vuole è chiacchierare, confidarsi ancora un poco ma il tramonto è li in agguato. Elio e le Storie Tese crepita alla radio con le canzoni degli anni '90, le canzoni di una volta, che ascoltavamo a casa mia al Carrugio della Belliccia negli agosti piovosi, ci ricordiamo pure di un viaggio in giornata a Ulm, in Germania, andati a vedere l'eclissi di Sole totale .
"Fabrizio!, andiamo fino a Capo Nord!" potremmo andare avanti a parlare ancora un po' almeno...
Una sosta a Ottone, un gotto digestivo e poi su, verso il Valico del Monte Veri e poi Orezzoli, Lenguie e poi Pa Tora. Una sosta a Pescin, mi passano per la mente immagini di una partita di calcio, rumori, il fischietto di Enrico l'Arbitro.
Siamo a Vicosoprano, è sera oramai, una capatina in Osteria, un saluto e il magone...
Apnea. Non devo piangere anche questa volta. Parto a spron battuto e solco la Valle dell'Aveto e poi la Valtrebbia ed infine, dopo un paio d'ore, freccia a destra per l'incorcio di Torre d'Arese. A casa c'è nessuno, il vento ha pulito l'orizzonte e tutto scintilla alla Luna...un ultimo sguardo verso l'Appennino, il sole scomparso dietro le Alpi arrossa ancora un poco il cielo.Penso alla giornata trascorsa, a Fabrizio, a quanto abbiamo parlato, a quanto sono stato bene. Adesso è finita... ciao.
Lele

è passato tempo, tutto è ancora nei pensieri, tutto magari un giorno ritornerà...

lunedì 14 maggio 2012

Domani mio fratello Gigi avrebbe compiuto 38 anni...dedico lui questa canzone dei Coldplay.
Un luglio di tanti anni fa alla festa del paese di Torre d'Arese, Gigi, insieme al suo complesso (Librium si chiamavano se non ricordo male) interpretò magistralmente questo pezzo strappando applausi e qualche lacrima.
E' la sua canzone preferita.

In my Place (Coldplay)

Ciao.
Lele
 In my place
(Coldplay)


In my place, in my place
were lines that i couldn't change
i was lost, oh yeah

i was lost, i was lost
crossed lines i shouldn't have crossed
i was lost, oh yeah

yeah, how long must you wait for it?
yeah, how long must you pay for it?
yeah, how long must you wait for it?

i was scared, i was scared
tired and underprepared
but i'll wait for it

if you go, if you go
and leave me down here on my own
then i'll wait for you

yeah, how long must you wait for it?
yeah, how long must you pay for it?
yeah, how long must you wait for it?

singin' please, please, please
come back and sing to me
to me, me
come on and sing it out, now, now
come on and sing it out,
to me, me
come back and sing

in my place, in my place
were lines that i couldn't change
I was lost, oh yeah
oh yeah...

domenica 29 aprile 2012

I° Maggio

Dedico questo Primo Maggio a chi ha perso la vita o si è ferito sul lavoro. 
Pubblico un epitaffio riportato su una lapide al Cimitero di Torre d'Arese. 

GIOVANNI OTTINI -CAPOMASTRO -
DI ANNI 27
per svegliatezza di ingegno
amore alla patria ed al lavoro
sincera religione, aurei costumi
era delizia della famiglia, ammirazione di tutti.
Ma quale sventura la mattina del 18 giugno
cadde dall'alto in Lardirago
e con lui ahi! quante caddero speranze.
Dopo 21 giorni di immensi martiri 
e di rassegnazione senza pari
lungi dalla famiglia che l'adorava
stretto a morire almeno vicino a lei 
nella Terra Natale chiese il sepolcro.
Il popolo di Torre d'Arese 
qui accompagnavalo piangente
 l'11 luglio 1869.

Un fiore e una preghiera.

Lele



mercoledì 25 aprile 2012

domenica 22 aprile 2012

La Notte

La Notte sorniona mi ha colto
davanti a visi e a ricordi remoti
fra sorrisi, parole e la luce Lunare.
Camminavo nei prati fra i fiori
nel mare del giallo e stridìo di cicale
e tutto ad un tratto la Notte è arrivata
a spegner colori  e far freddo nel cuore
e là di lontano le stelle a guardarmi
e a render ovatta le nubi a vegliar.
Cammino in silenzio e sento rumori
 di bosco e di foglie e il muto vibrar delle pietre...
Ma già su dal Groppo riverbera l'alba
 a dare calore lontano e parvenza di mondo men crudo ai miei occhi.
Lele




lunedì 16 aprile 2012

Terra d'Appennino
Ti vedo lontana, ma sei sempre nel cuore che duole al ricordo dei tempi remoti...E guardo lassù, nel verde dei faggi, fra  nuvole bianche, col vento che viene dal mare...Sono qui. E cammino sui tuoi sassi in silenzio pensando all' effimera vita della quale restano solo foto sbiadite e fiori di plastica.
Cammino e sento  lontanto fra i pini e le foglie un rumore  di passi leggeri... mi fermo ancora un istante a pensare.  Un raggio di sole percuote  a tratti il sentiero e rende ancor più nostalgico il mio camminare...
Lele

venerdì 30 marzo 2012

La Pietra
È solo Pietra
Pietra spaccata con cunei testardi
Squadrata dalla remota pazienza
Pietra domata con sudore e bestemmie che diventan preghiere
Pietra delle case e dei nostri focolari
Nera di braci di cene frugali
Bianca alla luce dell' acerba passione
Pietra preziosa al sole o alla neve
Fra i fiori o nei greti dei nostri torrenti
Pietra d'Appennino
Tenace ed azzurra e sonante al posarsi di foglia
Immobile e viva Pietra dalla quale siamo partiti
Alla quale torniamo
Alla quale per sempre torneremo.
Lele

martedì 27 marzo 2012

Era solo un pacchetto di crackers...
Accadde tutto una trentina di anni or sono, nel cortile del Seminario a Pavia.
Eravamo lì oramai da qualche ora, fra giochi di gruppo, preghiere... tutte le parrocchie del Vicariato erano state invitate ad una giornata in Seminario, riuniti per gruppi. Erano in palio premi per il gruppo che si fosse distinto nelle varie prove... si doveva disegnare, cantare, tirare la fune e poi altri giochi di movimento. Non mi piaceva, mi annoiavo ero assente da tutti i giochi, giocavo si, ma la mia mente era a Torre d'Arese, nel sole dell' estate, fra lo stridio delle cicale, sulle strade dei campi polverose, fra un "guardia e ladri" e un nascondino fra gli amici di scuola... qui era tutto troppo "cittadino" ed organizzato... mi annoiavo. Arrivò il mezzogiorno, iniziammo il pranzo al sacco, seduti in cerchio, panini, una bibita,  un dolcetto che la nonna era riuscita a nascondermi nello zainetto e un pacchetto di crackers... finii tutto in un batter d'occhio, che fame quando si è sempre di corsa e sudati!!! Mi defilai e rovistato nella cartella trovai ed aprii i crackers... Come in tutti gli agglomerati ove un gran numero di bambini e ragazzi spazia, siano essi scuole, oratori o colonie estive c'è sempre il bambino grasso e prepotente che ruba le merende ai più piccoli... avevo sei o sette anni, magro scheletrico e velocissimo a correre sia a piedi che in bici... Oscar stava a qualche metro da me, grasso, sudato con la suina faccia velata da un' espressione truce... Studiava cosa stessi mangiando e avvicinatosi mi diede uno strattone che  gettò il pacchetto per terra. Vi saltò sopra  e mandando in briciole quello che rimaneva disse canzonandomi "a me i crackers mi fanno schifo"  e giù un altro spintone che mi fece ritrovare seduto a terra... Guardai il pacchetto,  ripensai alla nonna a casa e  mi si riempirono gli occhi di lacrime. Maledii quel posto, maledii la giornata e mai come allora avrei voluto essere "grande" per riuscire a vendicare l'angheria subita e ad andarmene...
Lele

mercoledì 21 marzo 2012

21 Marzo

Così un giorno là mi troverete
là dove ha termine il bosco e inizia il prato
là fra le viole e il silenzio
sotto le ultime stelle di una chiara aurora.

Là sarò ad aspettarvi
là dove l'ultima neve di primavera brilla al sole
là fra i fili d'erba e il vento di Scirocco
lo sguardo fisso senza nulla vedere.

Là arriverete ansanti
là dove il falco grida la sua rabbia e non si stanca
là vicini al cielo e alle nuvole bianche
e poi fermarsi un poco a meditare.

Così mi troverete
e così insieme potremo riveder le Maggiorasche albe
e le sere d'Oramara con il fuoco in cielo
Così mi troverete e così ci riuniremo... un giorno... forse.
Lele

Scritta un equinozio di primavera di tanti anni fa...

martedì 13 marzo 2012


 L'ultima Sera

E' l'ultima sera. Mia madre ha cucinato il pollo in casseruola nel forno della stufa e quelle patate rotonde e piccole, sode come sassi e saporite da leccarsi i baffi. L'ultimo tramonto sta passando sui monti più alti illuminando le rocce e i boschi oramai familiari che mi hanno chiuso l'orizzonte per i giorni oramai passati. Una bottiglia di vino aperta, qualcuno ne berrà un bicchiere e basta, mio padre vicino alla stufa scruta di sottecchi il telegiornale e chiacchiera con mia madre. Mio fratello, sdraiato sul divano rilegge per l'ennesima volta un fumetto che avrà dieci anni.... Guardo tutto questo, mi stringe un po' il cuore. Mi fa un po' male andare via eppure... Si cena velocemente, parlando dei giorni trascorsi e del domani. Domani saranno finite le ferie dei miei genitori, domani saranno finite anche le mie, domani ritorneremo in pianura, domani saluterò Vico.
Mi sistemo come se nulla fosse, magari ho esagerato con il gel e il profumo, saluto velocemente i miei ed esco... nel carrugio sento oramai lontane le raccomandazioni non molto imperative di tornare presto... sono solo per il paese, tutti stanno ancora cenando. Salgo “Pu Regaggiu”, in cima al paese... il Cuniello, la stalla di Piero,ah, che profumo di latte e fieno!, la fontana di Mesugiorti, la salita... le fagiolane, le zucchine, i pali di legno dei recinti...sono in cima... il fossato quasi in secca, solo un rigagnolo dal tubo schiocca sui sassi del greto con ritmo triste ed uguale... scendo Pa Costa, e lo sguardo vola per i monti, per i boschi e con lo sguardo vola anche il pensiero e suoni e rumori mi prendono in uno stato di estasi... Cammino per i sentieri sui monti, ricordo il pianoro sommitale del Maggiorasca, vedo il Penna, l'Aiona, vedo Torrio e il Crociglia..., Ascona, già, chissà come sarà Ascona? Sembra un presepe con tutto il verde intorno e la capanna proprio nel mezzo... Un roveto di rose canine mi passa di fianco: sono Pa Costa.
Mi fermo davanti alla Madonnina “ANNO MARIANO 1955”. Mi siedo sul guard rail. Respiro il fresco e la quiete, il sole arrossa a occidente gli ultimi custi dell' Oramara, una leggera brezza mi solletica il viso... la stagione sfiorisce, i giorni si sono accorciati sensibilmente. Domani a quest'ora sarò a Torre d'Arese, andarsene è una pena, una pena infinita.
Qualcosa si muove in piazza, qualcuno scende dalla Chiesa e svolta verso il basso... è ora di muoversi.
Cammino verso il paese, facendo il meno rumore possibile, le case della Costa, la casa di Berto, la casa di Paolin. Agnese stà sparecchiando la tavola, sento rumore di piatti e bicchieri e poi i rintocchi delle otto. La piazza, il triangolo, le saracinesche del bar di Pietro... chiudo gli occhi e sento in bocca il sapore remoto della Coppa d'Oro Sammontana... Scendo verso il Salone, sono triste, è l'ultima sera, devo divertirmi, fino all'ultima goccia... il campo da bocce, qualche ciuffo d'erba ha già invaso il terreno di gioco, guardo in alto, le stelle mute ed immobili, l'Orsa Maggiore proprio sopra la strada per la Cappelletta... svolto per il Salone, le mani in tasca, c'è fresco. Qualcuno mi ha preceduto, il juke-box sta già sibilando con “Scozia”, due bambinetti si cimentano senza successo in una partita a ping-pong, qualcuno contro un pilastro della pergola guarda verso la Valle... stesso destino per tutti.
Non ho voglia di bere... Andiamo alla Cappelletta, la Luna non è ancora sorta... sembra di poter toccare le stelle “L'ho vista!” sento nella mente ricordandomi della notte di S.Lorenzo quando tutti sdraiati sul piazzale eravamo a caccia di stelle cadenti... non ce la faccio, mi ritiro un po' in disparte, vorrei piangere. Ah! I ricordi... anche se vicini son proprio pugnalate... Si chiacchiera, si fuma una sigaretta, due, mezzo pacchetto, qualche previdente ha messo mano al giubbotto e apre un pacchetto di patatine, qualcun' altro delle arachidi, una lattina di Fanta... si fa tardi. Dal Salone affievolite arrivano le voci di qualcuno che saluta “ci vediamo presto eh!”... Mi alzo, ci alziamo... verso il paese, verso il triangolo... ora fa davvero freddo e c'è un buio dannato, qualcuno ha “spento” il lampione, Paola (credo) mi da “braccetto”. “Bella estate”, “si”, “bellissima”, “alla Madonna venite su”, “si”, “certo”. Passano alcuni minuti fra parole di fretta, sorrisi malinconici, una sigaretta...
Io vado”, “anch'io”, “buona notte”, “buona”. Mi trascino solo fino a casa, ora è finita davvero. Mi ricordo,ero bambino di quando finivano le vacanze scolastiche ... avevamo il “libro delle vacanze”, uno in particolare aveva disegnato il mare con una barca a vela e il sole... anche su quella copertina le ferie stavano finendo, si intitolava “Orizzonte sereno” macchè sereno... dovevo fare ancora tutti i compiti... Sorrido all' idea ed apro la porta di casa. Il tavolo è ingombro di chiavi, occhiali, carte, non si deve dimenticare qualcosa... i miei familiari dormono già... silenzio e un barlume rosso di brace dalle feritoie della stufa... Mi sdraio sul divano e mi addormento...
E'mattina, domenica. Mia madre ha già preparato i bagagli, ieri ha comprato la focaccia e un po' di prosciutto in modo da non dover cucinare... aiuto mio padre a “portare giù” le cose non più necessarie, le valigie, la cassetta “dei ferri”, altre scatole delle quali ignoro il contenuto...
C'è il sole, è una splendida giornata di fine estate, qualche nuvola fa capolino dall'Alta Valle, qualche automobile è in transito sulla strada statale.
Le campane suonano è ora di andare a Messa... cammino con Gigi e ci sediamo “fuori”, di fianco alla Chiesa e lì incontriamo Fabrizio, Igor, Matteo, Tony e altri... parlano a bassa voce... qualcuno si è acceso, non curante, una sigaretta
La celebrazione finisce, c'è tempo per un ultimo gotto all' Osteria, dalla Michina... Voglio andarmene, devo, non voglio salutare... è tutto veramente troppo...
Pranziamo, aiuto a chiudere la casa, una mosca continua a cozzare contro i vetri chiusi, la bottiglia di vino tappata alla meglio rimane a metà di fianco al frigorifero... mi viene in mente una poesia di Neruda e un nodo mi stringe...
Mio padre ci aspetta giù dallo “scalone”, un saluto veloce agli zii, ancora a pranzo, e poi giù... un timido colpo di clacson, come saluto alle pietre delle case, ai carrugi, alla Chiesa, a qualcuno ancora per strada, alla strada per la Cappe, al Salone... Vicomezzano, un cane macilento trotta a bordo strada, Alpepiana, Lagin, il Ponte sull' Aveto. Guardo su, vedo la Costa, le tre case della Costa, e poi tutti il Paese, con il campanile e il candore delle case nel sole del mezzogiorno appena passato... Chiudo gli occhi, rivedo la mia vita, rivedo Pescin, Pianseiun, Campori, Saruggia, rivedo i miei amici, rivedo la gente di Vicosoprano, rivedo le lapidi del Cimitero... Guardo ancora su, il paese sta scomparendo dietro il fianco del monte, qualche decina di metri, mi volto, guardo mio padre alla guida, gli occhiali da sole e la sigaretta, la Tipo scivola leggera per la Val d'Aveto, lontano da Vico, adesso realmente in maniera definitiva. Ciao...
Era la fine estate del millenovecentonovantotto, per mio padre l'ultima vacanza a Vico... quanto tempo è passato? Quante cose sono successe? Qualche anno fa ci ha lasciato anche Gigi, troppo presto...

Rileggo queste righe, ripenso a tante cose, rivedo la Tipo che arranca per la salita dopo la casa di Adreveno, passa il cartello di Vicosoprano, e mio padre che dice “eccoci arrivati!” e un sorriso sul suo viso e sul viso di mia madre e di noi due ragazzi...
Sono sposato, e ho due bellissimi bambini, Riccardo e Viola, auguro loro di vivere Vico come l'ho vissuto io, di vivere il presente con serenità e di serbare nel cuore le cose belle che difficilmente ritorneranno e che sono di aiuto nei momenti bui.
Lele