giovedì 2 luglio 2015

Primo di Luglio.

Sole, caldo già il mattino nonostante una leggera brezza muova percettibilmente le foglie e doni un poco di vita alla campagna ancora addormentata sotto alla rugiada. Sono sveglio già da alcuni minuti e benchè sia il primo di Luglio, il primo giorno che considero realmente come l'inizio dell'estate, di alzarmi non me ho proprio voglia.
Cosa farò oggi? La scuola è finita da un pezzo, il libro delle vacanze è lì che mi guarda e trepida in attesa del Settembre... Cosa farò in questi due lunghi mesi di Sole e di libertà? La mente vola già ai miei Monti e a tutto quanto gira intorno a loro, agli amici lontani che fra qualche giorno incontrerò, alle partite di calcio, ai giochi della sera, al poter fare tardi, a quel poco di trasgressione che solo le vacanze estive possono permettere... Guardo il soffitto, un ragnetto se ne sta immobile in un angolo e si gode le vacanze in attesa di qualche mosca sbadata... Mi coglie un brivido... Ricordo di una lontana vacanza in famiglia, al mare, mio padre alla guida della 131 stracarica che arrancava in autostrada, code di auto che scendevano in Riviera con gente allegra e bimbi che salutavano i camion e le altre auto sorpassate. Mi ricordo, fermi in colonna sui Giovi, di un vecchio e fumoso Fiat 691 con rimorchio, enorme, trasportava putrelle di acciaio, diretto come noi verso Genova. Me ne ricordo l'autista, un omone barbuto a torso nudo, una specie di Mangiafuoco. Lo guardavo senza il coraggio di salutarlo, mi guardò anche lui, mi sorrise e fece un cenno con la mano che teneva fuori dal finestrino, un gran colpo di clacson dalle trombe montate sopra la cabina e la coda, per magia ripartì... Gongolavo per il gran privilegio e mi ripromisi solennemente di fare, da grande, “l'autista del camion che porta le putrelle”...
“Tratto Appenninico, moderare la velocità” (ancora oggi sull'autostrada Dei Fiori guardo il cartello e sorrido...) Genova, il mare e i profumi della Liguria erano lì ad un passo... Tutto sfumava però, il rumore cupo e possente del camion svaniva, così come i colori delle altre mille auto e delle luci delle gallerie... mi sto addormentando cullato dalla brezza e dal cinguettìo dei passeri...
Ma è il primo Luglio, potrò ben godermi un giorno di tranquillità, calare un po' il ritmo e finalmente “prenderla bassa”?
Oh, come sarei contento se mi potessi buttare sul letto a farmi solleticare dal vento del mattino... e ricordare tanti momenti felici, senza pensieri né patemi... Sono invece qui, con i problemi e le preoccupazioni quotidiane, con conti da far tornare e lavoro che incombe con scadenze sempre più vicine... Come vorrei essere su quell'autostrada nel traffico di un giorno da “bollino rosso” ma con il Mare lì ad un passo... Chiudo questi due pensieri, mi aspettano in cantiere, poi dovrò prendere alcune misure su una strada provinciale per la stesura dell'asfalto, poi andrò a Pavia, per qualche commissione, nel giorno che sarà infuocato. Il vento cederà al passo al Solleone, i passeri taceranno lasciando la parola alle cicale e mi troverò ancora una volta di corsa, per raggiungere chi o cosa non so ancora... anche se è il Primo di Luglio, il primo giorno che considero realmente come l'inizio dell'estate.
Lele.

martedì 25 novembre 2014

Un mese a Natale

Si, mancano trenta giorni a Natale, ieri era Pasqua, qualche ora fa si partiva per le ferie, qualche minuto fa ne siano tornati... corre il tempo, corre davvero forte che quasi si vorrebbe fermarlo. Bello sarebbe accoccolarsi tranquilli a pensare e fare un'analisi dell' accaduto... Tutto però vortica, tutto si confonde e Natale è lì, a un tiro di schioppo...
Com'erano le attese del Natale, quanta trepidazione, che voglia di vedere qualche luminaria, qualche Albero addobbato, magari un po' in anticipo, uno sguardo verso il cielo plumbeo, quasi a voler scorgere qualche fiocco, la frenetica corsa verso il termometro fuori che inesorabilmente segnava 10 gradi... Oh, ma il Natale si avvicinava e l'attesa si faceva frenetica, qualche vestito nuovo, le scarpe nuove, il rispolvero della scatola delle statuette del Presepio, rispolvero della scatola, non dei personaggi: quello avveniva dopo l'Immacolata, tassativamente, la prova della fila di lucine, immancabilmente non funzionante e sapientemente aggiustata dalla calma di mio padre che ne provava le lampadine una ad una, riuscendo, con mia grande meraviglia a riciclare, ancora una volta il tutto... Poi c'erano le prove della Corale Parrocchiale, andavo volentieri, molto. Dapprima come voce bianca, avevo meno di dieci anni, poi via via fin nel coro degli uomini dove stante la perfetta intonazione e la conoscenza della musica ho preso il mio posto fisso nei bassi... Andavo senza obbligo, mi piaceva e mi piacerebbe proprio... Che musiche! Mi bastava sentire l'inizio del “Puer Natus” o del “Gloria” del Vittadini, in latino, IN LATINO!!! Perdio! Quel bel latino fluente delle preghiere e dei canti, per provare un brivido di piacere lungo la schiena, era sufficiente il silenzio fra una strofa e l'altra di Jesus Bleibet Meine Freude di Bach, cantato in tedesco, a quattro voci, per capire cosa fosse la musica, quale meraviglia il cantare sottovoce, modulare il suono, il rendere carica la melodia con un “forte” comunque garbato e non urlato... Ricordi, ricordi feroci che mi fanno commuovere ogni volta che sento un Adeste fideles cantato come dico io che mi impediscono di parlare quando risento nella mente il suono delle nostre Campane, con la “C” maiuscola davvero, dei concerti solenni “cun i Campan in pè”, le corde gelide che tagliavano le dita, con Sandro che dirigeva e che bacchettava con un cenno del capo se qualcuno si distraeva e sbagliava l'attimo in cui “mollare” la corda... con il nostro Don Fabio che non ti risparmiava uno scappellotto di approvazione se facevamo bene... Era una festa davvero, anche la preparazione, anche l'attesa.. ed era questo il Natale per me... Ho provato a cantare una messa di Natale con accompagnamenti di chitarre, canti recenti, belli fin che vuoi ma ottimi per un falò sulla spiaggia, intercalati da “le bionde trecce gli occhi azzurri e poi” di Battisti, cantata a squarciagola alla Luna in preda al vino, non in attesa della nascita del “Bambin”... Non so, sarò pure un retrogrado e conservatore ma vedere bimbi obbligati ad imparare per settimane recite da rappresentare poi sull'altare durante la S.Messa di Natale, solo per il gusto dei genitori, che reputo personalmente perverso... mah, per me ha poco a che fare con il giorno che dovrebbe essere il più bello dell'anno.
Oggi aspetto il Natale così: guardo i miei figli fare e rifare la letterina a Babbo Natale... ho provato a dir loro che da noi passa Gesù Bambino... ma il Panzone rosso con le sue fetentissime renne ha maggior influenza, sarà perchè probabilmente lo si vede più lui in tv che il Berlusca durante la campagna del '94 o perchè 'sta magia del villaggio finlandese e degli gnomi che confezionano regali per i bimbi buoni ha surclassato la scassatissima e fredda stalla di Betlemme; metto un bel cd di canti natalizi (anni fa si diceva “metto un disco”, un bel 33 giri della RCA, nero e lucido... ahhh) e ne canticchio "sotto" la voce dei bassi, mi carico la pipa che poi non fumo e mi siedo davanti al camino acceso, uno sguardo fuori e uno allo smartphone, alla mia Stazione Meteo online che inesorabilmente segna 10 gradi o qualcosa in più...
Natale arriva, è lì, a un tiro di schioppo. Et nos ovanti gradu festinemus.
Lele

domenica 26 ottobre 2014

Monte Penice.

Sabato mattina, quasi alla fine di ottobre, fresco. Oggi giornata di ciclismo, data l'ora, credo in solitaria. Non sono ancora le otto e sono già in direzione collina, con l'auto e la bici caricata: quando sono da solo, fare venticinque chilometri di pianura per raggiungere l'Oltrepò e altrettanti per rientrare dopo la pedalata, in bicicletta sono mortificanti, lunghissimi e faticosissimi.
Parcheggio al solito posto, scarico la bici e mi accorgo che fa freddo sul serio, l'auto segna sette gradi e un venticello da nord me li fa apprezzare tutti... sono abbigliato comunque bene benchè abbia le gambe nude... basta un po' d'olio e il freddo diventa un ricordo... Scorre la strada sotto le Michelin nuove e scorre il Torrente Versa lì alla mia sinistra con ritmo uguale e monotono... S.Maria della Versa dopo solo dieci chilometri ho una tappa obbligata al bar per un caffè, super caldo e super buono, controllo la bici e “Ma non ha freddo?” mi volto, un anziana ed elegante signora mi sorride “Oh, no!, basta muoversi!”... “ai miei tempi, dalla metà di settembre si usciva con la lana ma faceva freddo”... scambio quattro chiacchiere, la signora mi racconta di aver praticato ciclismo a livello amatoriale e da come mi racconta e spiega come fossero le bici, i cambi, gli pneumatici stessi, mi accorgo di stare a parlare con “una tosta” e non faccio fatica ad immaginarla in salita mentre “bastona” e sorpassa parecchi “atletici” maschietti come me...
Riparto, la strada è lunga, il Monte Penice mi aspetta e, appena dopo Crocetta mi appare confuso nella foschia del mattino... “Ciao Penice, arrivo” e uno schiaffo di vento, questa volta da Sud, dal Monte, appunto, mi risponde e mi sorride...
Pometo, “duecento anime e due panifici” cita un articolo di giornale appeso ad un muro... il mio panificio solito è lì, entro e ordino due panini con la coppa... non resisto, ne addento uno immediatamente e fra lo scricchiolìo sublime del pane ancora tiepido unito al magistrale sapore di una Coppa “fatta sù” magnificamente riprendo a pedalare verso il Passo del Carmine... mi bevo la salita, voltandomi noto in lontananza un collega che arranca e che mi mira come fosse un cacciatore... mi punto sui pedali e raggiungo la discesa verso Casa Marchese e la conseguente salita per il Monte... Pedalo, passo Zavattarello, raggiungo Romagnese, Panigà, Canedo... spingo un rapporto da “animale”, un 50-23, in scioltezza e senza fatica, il cuore è tranquillamente sotto soglia, respiro come stessi passeggiando, le gambe vanno come i bilanceri di un cronometro, precise e regolari...
Poco sotto Casa Matti mi passa un collega, ci salutiamo, lui sparisce dalla mia vista in poco... va forte, davvero... un passo per me neppure da sognare...
Casa Matti, incontro un Mountain-Biker, mi fermo a dissetarmi e scambio quattro chiacchiere, una persona molto educata di Bobbio, simpatica e loquace quanto serve... Ci salutiamo e riprendo l'ultima salita per il “pianoro” del Passo del Penice... Tornante, Tornante, Tornante ed eccomi ai Tre Passi... un paio di chilometri di piano ed eccomi davanti allo “Scarpone”... Qua serve un rifocillo serio, sorbisco con calma un altro caffè, mi mangio uno schifosissimo gel alla banana, acquisto un “Mars”... quanti anni che non mangiavo un Mars... e mi metto sotto alla pergola, a rifiatare un poco, guardato con sufficienza da due ciclisti hi-tech, biciclette nuovissime, cambio elettronico, leggeri, e sicuri, sorrisetto... Mah!. Inforco la “Fondriest”, la Vetta mi attende, sono poco più di tre chilometri con circa 320 metri di dislivello, senza possibilità di rifiatare, abbastanza impegnativa... la prendo con calma, un agile rapporto 34-23, salgo a 12-13, girato un tornante vedo i “fighetti” che mi tengono dietro, ad una cinquantina di metri, “ma sì, mi passeranno...” mi metto in piedi sui pedali e spingo... sto bene e posso forzare... spengo il cervello e non guardo neppure la strada, asfaltata fresca fresca cui l'unica insidia è questa ferocissima salita... Sede della Rai: un signore mi saluta, rispondo con un grugnito e pedalo, pedalo nella pineta fra tronchi di pini neri e qualche traliccio arrugginito e abbandonato... Manca poco, circa cento metri di dislivello, settecento metri di strada, il pezzo più duro... sto bene, controllo tutte le informazioni che il Garmin mi può dare.... Tornante, rettifilo... “rifiata, Lele, rifiata”... impossibile, non ho tregua, su un rapporto, 34-25... la strada si impenna, mancano pochi metri “dai Lele!!!” grido e su in piedi, dai, dai curvetta, parcheggio, proseguo verso il Santuario, lì, a trenta metri, “daiiii!!!!” mi dico ancora... con un pregevole gesto atletico salto la catena (in realtà poggiata a terra!) che impedisce l'ingresso alle auto ed ecco il Santuario... mi fermo, appoggio la bici ad un pilastro e rifiato, ora davvero.
Scatto qualche foto rituale, uno sguardo ai miei Monti Avetani, avvolti da una insistente foschìa, quattro chiacchiere con un motociclista sudato e riprendo senza pensieri e cautamente la discesa... Fatti cinquecento metri passo a fianco ai due “Fighetti”, rossi in viso, rapportati da Mountain bike e “forsennatamente pedalanti”, saluto, non rispondono, sorrido e mi riconcentro sulla discesa, il Passo è lì, Stradella è lontana ... Strada facendo mi concedo un'altra salita, i diciannove tornanti del “Piccolo Stelvio” che faccio senza neppure sudare una goccia, in scioltezza direi disarmante e a cuor leggero... la discesa verso Santa Maria della Versa e il falso piano per Stradella... un'altra salitina (per far si che il Garmin arrivi a 2000m di dislivello effettivi) e la mia auto è lì, sonnecchiosa che mi aspetta... Uno sguardo verso Sud... il Penice è nel Sole, immoto e azzurro... “oggi ero là” mi dico stanco e soddisfatto e la Bravo sta già macinando i chilometri verso Torre.
Lele.

 

domenica 14 settembre 2014

14 settembre 2014,
 in un' ora non definita del pomeriggio...

In un giorno ormai grigio dove il Sole ha ceduto il passo alle nuvole, l'estate all'autunno, l'essere ai ricordi... le nude pietre mi salutano e lì rimarranno, immote ad aspettarmi... ritornerà la luce, ritorneranno i sorrisi... ritornerò.


lunedì 8 settembre 2014

Cronaca della Gran Fondo “Scott” di Piacenza

Mattino fresco, sono le 6.00, mi sto preparando per partire... controllo tutto nei minimi particolari, c'è tutto, sono pronto e carico, voglio fare una bella gara, secondo le mie possibilità, ma voglio impegnarmi... Ritiro pacco gara... mancano gadgets che altri hanno, vabbè, poca importanza...Non faccio in tempo a dare peso alla cosa e siamo già in griglia ad attendere la partenza... Via! Il ritmo, come temevo, è sostenuto... sulla tangenziale di Piacenza vedo di sfuggita, durante l'inseguimento ai miei compagni i 58 km/h (!) si, c'è una piccola discesa e il 50/12 è davvero troppo corto... passiamo Besurica, Settima... gente a bordo strada che che batte le mani... per me c'è solo la strada e non perdere la ruota di quello davanti, per me c'è solo la lotta (impari!) con il Moloch della strada che, non appena ti distrai un attimo mette davanti una salitella o un cavalcavia per farti perdere il ritmo... su un rapporto... piccola buca oh cazz! Mi è caduta la catena! Armeggio con le leve e mi sposto a bordo strada, la catena non sale, non sale! Mi devo fermare... sistemo il tutto, riparto trafelato, mi avranno passato trecento corridori e, soprattutto, il mio gruppo è uno sbiadito puntino arancione all' orizzonte... mi passano Giuseppe, Maurizio e Mauro, fermatisi poco prima per un guasto (riparato) alla gloriosa Legnano di Giuseppe... prime salite, non difficili, messe lì giusto giusto per allungare il gruppo... la trasmissione non ne vuole sapere di funzionare, quando uso la 34 la catena salta e mi impedisce di spingere sui pedali... va da sé che non posso andare su con il 50/27 (!!!!), mi sembra un paradosso della tecnica ciclistica... Mi accontento e piano piano arrivo alla prima vetta... Mi butto in discesa, tocco senza problemi e senza scompormi i 70 km/h, sorpasso almeno cento corridori che precedentemente mi avevano passato... siamo a Rivergaro, la strada è in pianura, leggera salita forse... mi metto alla testa di un gruppo a 40 all'ora, un paio di chilometri, il ponte sulla Trebbia e il “su e giù” per Travo... qui mi trovo a pedalare scomodo, non so cosa sia capitato, ho un dolore lancinante all'inguine... non posso fermarmi, aspetto il ristoro, lì, 4 o 5 chilometri... non ce la faccio più, ecco Travo... Mi fermo, controllo... la sella! Maledetta! Si è allentato (non so come sia successo, l'ho capito dopo!) il bullone ed è scivolata tutta indietro, provocando una pedalata scomposta... Sistemo il tutto, sono incazzato nero, mi alzo sui pedali, passo il ristoro senza fermarmi... mamma mia che asfalto infame... eppure sembra bello liscio... ho forato! Ora piango, lo so, sono troppo sensibile... piango... Mi sorpassano altri cinquanta corridori e fra loro Massimo e Francesca che si premurano di chiedermi cosa stia succedendo... “Mi ritiro!” dico loro, “Torno indietro”. Smonto la ruota, cambio la camera d'aria ma... non ne vuole sapere di gonfiarsi... riprovo e i corridori passano, il tempo passa, un campanile batte le ore... si ferma un auto dell'assistenza... Mosso a pietà l'addetto prova a gonfiarmi la ruota... la valvola è rotta... su allora la camera d'aria forata... me la gonfia con una bomboletta di schiuma tappa fori... Funziona. Non funziona la trasmissione e mi cucco la Pietra e la Caldarola con la corona da 50... i corridori mi sorpassano, tanti, tantissimi... appena sotto ad una frazione, un bell'imbusto, furbo come una volpe mi “consiglia” canzonando un poco di usare la corona da 34... non faccio in tempo a sradicare un cartello stradale per pestargliero sulla schiena che un canadese sbanfante come una locomotiva a vapore mi urta da dietro e cade... “I'm sorry, sorry” (sono dispiaciuto, scusa) mi dice... “Sorry un par di balle... ma sa set, intardet?”(scusa un accidente, sei per caso mentalmente infermo?) mi guarda e non capisce ma sgrana gli occhi vedendo che mi avvicino... gli sorrido e lo aiuto a rialzarsi, una pacca sulla spalla, un'occhiata al rapporto da me spinto e: “You are a very strong man!” (sei davvero un uomo forte) “lasa perd, che incò l'è no giurnà par schersà” (per cortesia non girare il coltello nella piaga). Riparto, la Caldarola è lì, scanso il tappetino prendi-tempi, raggiungo il passo e ora giù in discesa... ora i rapporti vanno bene, scendo però cauto, una breve sosta a Montecanino al ristoro (ho finito acqua) e giù verso la pianura... Sfreccio sul falso piano in solitaria a oltre 50km/h, Agazzano, passo rotonde con traiettorie pennellate e perfette, un carabiniere addetto al servizio di sicurezza mi batte le mani, tre ragazze incitano urlando come se le stessero scannando: “dai, daiiiii, forza!!” Sorpasso gruppetti... il cervello è spento, le gambe vanno come i pistoni di una Ducati lanciata a 200 all' ora, le ruote cantano sull'asfalto... da qualche chilometro ho un ciclista incollato dietro, me ne accorgo perchè continua ad armeggiare con i rapporti... mi allargo per chiedere il cambio, questo non si scolla... gli faccio cenno con la mano, nulla... ah sì? Appena fuori Gazzola incontriamo una salitella e un “su e giù”... per far si che la lezione sia completa “butto giù un rapporto” mi metto in piedi sui pedali e scatto in salita... l'inseguitore diventa in breve un ricordo che si confonde nelle turbolenze dell'asfalto caldo... La stanchezza si fa avanti però.. raggiungo un gruppo e mi accodo... la velocità di crociera è circa 40 ma non si disdegnano puntatine a 45/47... pianura, il treno va, va veramente forte... se dovessi perdere la ruota di quello davanti sarebbe finita... mi butto fuori, passo tutti e mi metto a “tirare” il gruppo... mantenendo la velocità, ma evitando gli allunghi... Piacenza km 6... e l'asfalto corre, il gruppo si allunga, si formano buchi e gruppetti separati...Arriviamo in tangenziale, una bella discesa, tiro un po' seguito da altri tre, il gruppo grosso si è oramai sgranato da tempo, con premura ci diamo il cambio ogni chilometro esatto, non c'è bisogno né di dirlo né di allargarsi per lasciare strada... Ultimo chilometro, procediamo sostenuti, senza scattare, passiamo il traguardo all'unisono... “Grazie”, “Ciao”, “Ci vediamo”... e mi dirigo verso l'auto... faccio in tempo ad accorgermi di avere perso anche il buono per il pasto (i colleghi del Team si sono premurati immediatamente di dividere il loro, grandi) e già la strada scorre di nuovo, questa volta sotto le ruote della Fiat Bravo, in direzione casa.


Lele

domenica 31 agosto 2014

Quotidianità falsa e bigotta.
I miei genitori hanno sempre insegnato a mio fratello e me a vivere secondo il giusto tenore di vita, a risparmiare senza farsi mancare nulla, a privarsi del superfluo, ad acquistare l'indispensabile, ma sì, a togliersi pure qualche sfizio, sempre con sale in zucca, sempre valutando. Di cambiare l'auto se necessario e di acquistarne una adatta alle esigenze, cercando l'occasione che concigli confort, economia di esercizio, prestazioni e consumi adeguati alle proprie necessità o possibilità...
Ci hanno insegnato a fare acquisti, ad andare in ferie, a spendere soldi sempre e comunque “senza fare debiti” ed hanno preferito magari “mettere via qualcosa” per le case per i figli piuttosto che per un viaggio in capo al mondo...
Ho sempre seguito, nel limite del possibile, i loro consigli, sicuramente non ho mai fatto debiti e mai cercherò di farne... il mio lavoro ha alti e bassi e pur mancando nulla a volte il risparmio su qualche spesa mi ha permesso di non andare sottozero e di vivere senza l'incubo di "rimanere “al verde”.
Oggi è diverso... si parla di crisi e un mio conoscente disoccupato continua imperterrito a pagare le rate di una costosa Bmw , a fumare due pacchetti di Marlboro al giorno, a scialacquare centinaia di euro al bar e al video poker, a maledire il lavoro che non c'è e a fare nulla per pagare le rate dell'affitto non pagate... Facile, troppo facile dare la colpa alla crisi...
Qualche giorno fa l'incontrai... mi disse che stava andando dal commercialista per cercare un escamotage contro lo sfratto imminente “ devo pagare solo cinquemila euro e mi buttano fuori casa...”... “scusa, vendi l'auto, qualcosa ti danno, saldi le (dieci) mensilità dell'affitto, saldi le poche rate dell'auto che ti mancano, ti compri una Punto usata e riparti senza debiti, poi smetti di fumare e di giocare alle macchinette risparmi anche qualche cento euro ogni mese... poi, qualche mezza giornata a tagliare l'erba o a sistemare qualche orto in attesa di un lavoro e... “ Io? Oh ma sei scemo? Io mi sporco le mani con il letame in un orto? O a tagliare l'erba in mezzo alle zanzare? Piuttosto muoio di fame... Tu sei abituato ad andare in giro con utilitarie, poi, sei fortunato che i tuoi ti hanno lasciato la casa... cosa vuoi saperne tu! “Vabbè, qualche consiglio te l'ho dato ma se mi permetti il più spassionato è questo: Vaffanculo, vaffanculo sul serio. In Bmw, ovviamente.